La Svezia e il referendum Brexit, tra economia e politica

Pubblicato il 14 Marzo 2016 alle 10:06 Autore: Antonio Scafati
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La Svezia e il referendum Brexit, tra economia e politica

Il referendum sulla Brexit in programma a giugno non è materia solo interna al Regno Unito e infatti tutti i paesi in giro per l’Europa fanno i calcoli per capire che portata avrebbe l’onda d’urto dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. Per la Svezia, l’impatto sarebbe consistente.

Londra e Stoccolma hanno rapporti commerciali molto stretti. L’anno scorso la Svezia ha esportato in Gran Bretagna beni per un valore pari a nove miliardi di euro. Il Regno Unito rappresenta il quarto mercato per importanza nell’economia del paese scandinavo. Ecco perché nei giorni scorsi la Camera di Commercio svedese ha suonato l’allarme. Le conseguenze della Brexit sarebbero quelle facilmente immaginabili: contrazione del Pil, perdita di posti di lavoro.

La Brexit non avrebbe effetti identici su tutto il paese scandinavo. La Contea di Kronoberg è quella che rischia di più, considerato che l’11 per cento delle sue esportazioni vanno oltre Manica. Anche la contea di Kalmar, pure lei nel sud della Svezia, ha relazioni importanti con Londra. Nel nord del paese, invece, le più esposte sono le regioni di Västerbotten e di Norrbotten. Pagherebbe un prezzo molto alto anche l’area di Stoccolma, che poi è anche quella che tira gran parte dell’economia svedese. L’export che dalla capitale va in direzione Regno Unito muove circa tre miliardi di euro.

La Camera di Commercio svedese non esclude la possibilità che alcune compagnie britanniche possano decidere di trasferirsi proprio a Stoccolma, ma questa ipotesi non compenserebbe del tutto l’impatto negativo di un’Europa senza più il Regno Unito. Secondo la Camera di Commercio, quindi, la Svezia deve prepararsi all’eventualità di dover fare i conti con la Brexit e studiare le possibilità di trasferire parte del suo export verso altri paesi.

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La Svezia e il referendum Brexit, economia allarmata, politica contraria

Considerato il quadro, non sorprende che anche la politica abbia preso posizione. L’unico a dirsi favorevole all’ipotesi che Londra e Bruxelles si separino è stato il partito dei Democratici Svedesi, forza tradizionalmente anti-Europa e anti-immigrazione che con la sua avanzata negli ultimi anni ha fatto saltare gli storici equilibri politici a Stoccolma. Il leader del partito, Jimmie Åkesson, ha aggiunto che spera che prima o poi si possa organizzare un referendum simile anche in Svezia.

La sua è una voce isolata, però. Il governo rosso-verde guidato dal primo ministro socialdemocratico Stefan Löfven si è schierato a favore della permanenza della Gran Bretagna nell’Unione europea, sottolineando che senza il Regno Unito il progetto comunitario subirebbe un colpo durissimo.

L’opposizione di centro-destra non è per niente lontana, anzi. Dal Partito Moderato, l’ex premier Fredrik Reinfeldt ha ricordato che senza Londra nell’Ue le richieste svedesi (molto simili a quelle di britanniche sul fronte delle regole del mercato comune, ad esempio) finirebbero per indebolirsi perché perderebbero una sponda fondamentale come quella del Regno Unito.

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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