Il segreto della longevità? Sta in alcuni batteri

Pubblicato il 13 Maggio 2016 alle 18:30 Autore: Redazione
longevità

Il segreto della longevità? Sta in alcuni batteri

Niente fumo, niente alcool, seguire una dieta sana e condurre una vita senza stress. Se pensate sia questo l’elisir di lunga vita vi state sbagliando di grosso.

Il vero segreto della longevità sta in alcuni batteri presenti nel nostro intestino. A rivelarlo è uno studio promosso e condotto dal gruppo di Ecologia Microbica della Salute del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie e dal gruppo di ricerca per gli studi sull’invecchiamento e la longevità del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale dell’Università di Bologna, con la partnership dell’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano.

Longevità, lo studio

Lo studio ha analizzato la popolazione batterica intestinale di 24 soggetti della provincia di Bologna di età compresa tra i 105 e i 110 anni per cercare di individuare il segreto della loro longevità. Lo stesso è stato fatto con alcuni centenari (99-104 anni), anziani (65-75 anni) e adulti (20-50 anni)  arruolati nella stessa area geografica per limitare le differenze dovute alle abitudini alimentari e allo stile di vita. I dati sono stati poi messi a confronto.

“La longevità – spiega la ricercatrice Unibo Elena Biagi – è un tratto complesso in cui giocano un ruolo chiave la genetica, l’ambiente e il caso. Influenzando molteplici aspetti della fisiologia umana, come il corretto funzionamento del sistema immunitario e del metabolismo energetico, il microbiota intestinale può rappresentare un tassello importante nel definire come e quanto un essere umano può invecchiare mantenendosi in buona salute”.

Dalla ricerca effettuata, infatti, è emersa l’esistenza di un “core microbiota” (una sorta di porzione “fissa” dell’ecosistema in termini di composizione), costituito principalmente da specie simbionti (prevalentemente appartenenti alle famiglie Ruminococcaceae, Lachnospiraceae e Bacteroidaceae) generalmente associate ad uno stato di salute e produttrici di molecole estremamente importanti per il nostro organismo come gli acidi grassi a corta catena.

L’abbondanza cumulativa di queste specie all’interno del microbiota intestinale diminuisce però con l’avanzare dell’età, favorendo la progressiva proliferazione di specie sub-dominanti e opportunisti pro-infiammatori, presenti in bassa percentuale nei giovani adulti. L’invecchiamento è caratterizzato, inoltre, da cambiamenti nei rapporti di co-occorrenza tra le specie microbiche non appartenenti al “core”, cioè nella frequenza con cui due specie appaiono insieme nel microbiota intestinale di un individuo.

“Queste caratteristiche – continua Marco Severgnini, ricercatore dell’ITB-CNR -, tipiche di un ecosistema associato ad un organismo che invecchia, si mantengono nel microbiota intestinale di individui longevi ed estremamente longevi. Allo stesso tempo però, il microbiota intestinale dei semi-supercentenari mostra i segni di una parallela proliferazione di microrganismi antinfiammatori, immunomodulanti e promotori della salute dell’epitelio intestinale, come Bifidobacterium e Akkermansia”.

È stato inoltre rilevato nei semi-supercentenari, un aumento nell’abbondanza di batteri appartenenti alla famiglia Christensenellaceae, un gruppo batterico recentemente salito all’attenzione della ricerca nel campo del microbiota intestinale, in quanto associato ad uno stato di salute e identificato come la componente del microbiota maggiormente influenzata dal patrimonio genetico dell’ospite.

In assenza di studi longitudinali – estremamente difficili da realizzare nel campo della ricerca sulla longevità umana – non è possibile sapere se queste particolari caratteristiche del microbiota intestinale di individui così eccezionalmente longevi sono legate al loro passato stile di vita e, soprattutto, se erano già presenti in giovane età o se, al contrario, sono un tratto acquisito durante l’invecchiamento soltanto dai soggetti che riescono a vivere più a lungo degli altri. Si può però ipotizzare che la maggiore abbondanza di Christensenellaceae, associata all’osservato aumento di bifidobatteri e Akkermansia, costituisca una sorta di “firma”, da ricercare nel microbiota intestinale di persone particolarmente longeve, e che questa rappresenti un adattamento dell’ecosistema ai cambiamenti fisiologici che avvengono con l’avanzare dell’età, in grado di promuovere la salute e contribuire al raggiungimento dei limiti estremi dell’aspettativa di vita umana.

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