Censis: crollo degli investimenti esteri, -58%

Pubblicato il 7 Giugno 2014 alle 15:24 Autore: Emanuele Vena
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Il quadro dipinto è a dir poco drammatico. Nell’ultimo quinquennio – dal 2007 al 2013 – gli investimenti esteri sono crollati del -58%. Lo dice il Censis, nel sesto numero del “Diario della transizione”. Secondo il rapporto, gli investimenti esteri diretti in Italia sono stati di 12.4 miliardi nel 2013, cifra bassa ma decisamente migliore dei punti critici toccati nel 2008 e nel 2012, rispettivamente a causa della fuga dei capitali e della crisi del debito pubblico.

DEFICIT DI REPUTAZIONE – Nonostante il Censis sottolinei come gli investimenti esteri potrebbero “”rilanciare crescita ed occupazione”, l’analisi dell’ultimo quinquennio è nefasta. A pesare è soprattutto, ovviamente, il “deficit di reputazione” che ha colpito l’Italia. “La crisi ha colpito tutti i Paesi a economia avanzata, ma l’Italia si distingue per la perdita di attrattività verso i capitali stranieri”. Un giudizio drastico, nonostante l’Italia sia ancora la seconda potenza manifatturiera d’Europa e la quinta nel mondo.

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IL GAP – Nonostante questa potenza, quando invece si parla di cifre relative agli investimenti esteri emerge il gap con la concorrenza: l’Italia detiene solo l’1,6% dello stock mondiale di investimenti esteri, praticamente la metà della Germania ed un terzo della Francia. Ma va peggio anche rispetto a Spagna – che ha il 2,8% dello stock – e del Regno Unito, a quota 5.8.

CORRUZIONE E LENTEZZA – I motivi del deficit reputazionale sono legati, secondo il Censis, alla diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, oltre che agli scandali politici. A ciò contribuisce anche l’inefficienza della pubblica amministrazione e la drammatica lentezza della giustizia civile, considerata farraginosa. Le condizioni per fare azienda pongono l’Italia al 65° posto della graduatoria mondiale dei fattori determinanti per attirare capitali. In Europa va peggio solo a Grecia, Repubblica Ceca e Romania.

PUNTI DI FORZA – Il Censis sottolinea però anche i punti di forza italiani: dall’export (2.7% del totale mondiale, 11° posto) al turismo (quinta metà turistica al mondo), senza dimenticare un alto numero di aziende a conduzione italiana e di persone italiane sparse nel mondo. Restano però forti carenze nell’istruzione, sia a livello di laureati (appena il 22.4% tra i 30 ed i 34 anni) che di competenze alfabetiche (addirittura ultimo posto tra i 24 Paesi presi in esame dall’Ocse).

Emanuele Vena

 

L'autore: Emanuele Vena

Lucano, classe ’84, laureato in Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna e specializzato in Politica Internazionale e Diplomazia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Appassionato di storia, politica e giornalismo, trascorre il tempo libero percuotendo amabilmente la sua batteria. Collabora con il Termometro Politico dal 2013. Durante il 2015 è stato anche redattore di politica estera presso IBTimes Italia. Su Twitter è @EmanueleVena
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