La strategia dietro la lotta all evasione

Pubblicato il 15 Marzo 2012 alle 13:08 Autore: Matteo Patané
campagna contro l evasione

Che il Governo Monti affrontasse il reale problema dei privilegi della finanza era e resta utopistico. Ha ragione chi in questo vede in Monti un diretto emissario delle banche, non tanto per ragioni complottistiche, quanto perché l’attuale Presidente del Consiglio è espressione e portavoce di un sistema – in cui crede e su cui d’altra parte si regge la stabilità economica nel mondo – in cui sono le banche e in generale la finanza a controllare l’azione politica.
D’altra parte è impossibile non notare un netto stacco tra Monti e il suo predecessore Berlusconi. Se Monti può considerarsi interessato a difendere gli interessi della terza categoria di evasioni, Berlusconi appare nell’immaginario collettivo come il perfetto esponente del secondo mondo. Con una politica fatta di condoni, ostacoli legislativi all’azione giudiziaria e depenalizzazioni il Cavaliere aveva spudoratamente protetto il mondo di un’evasione fiscale intesa come attacco allo Stato e alla sua sussistenza, come parassitismo di coloro che – dipendenti pubblici e pensionati – le tasse sono costretti a pagarle e come in generale parte di un disegno complessivo di depotenziamento della figura dello Stato.

Vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto è naturalmente questione di sensibilità o di partigianeria politica, ma non si deve rinunciare al confronto tra le politiche di questo esecutivo e quelle dei governi precedenti. In questo senso, la scelta di Monti di intervenire sui santuari del lusso e del bel vivere italiano non è – malgrado le apparenze – un populismo di facciata, ma un’accorta strategia che pone un serio accento su quali sono i casi più eclatanti e oggettivamente odiosi di evasione fiscale, andando a fare un’adeguata opera di controllo e prevenzione. Se anche un blitz non potrà fare miracoli, è innegabile che avere alcune giornate in cui gli incassi dei negozi sono stati completamente registrati per via della costante vigilanza dei finanzieri servirà come pietra di paragone per eventuali rendiconti futuri, rendendo più facile scoprire dove si annidano i fenomeni di evasione.
Vedere il bicchiere mezzo pieno, in una simile situazione, non significa quindi peccare di eccessivo ottimismo.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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