L’adesione della Bosnia in Europa è ancora un miraggio

Pubblicato il 27 Marzo 2021 alle 16:04 Autore: Lorenzo Tita

Sarajevo e Bruxelles sono geograficamente abbastanza vicine. L’adesione della Bosnia all’Europa, tuttavia, rimane lontana.

Sei Paesi europei hanno chiesto all’Unione Europea di aumentare il sostegno alla Bosnia-Erzegovina. Il gruppo, guidato dalla Croazia, ritiene che Bruxelles debba aiutare lo Stato balcanico a promuovere riforme strutturali che possano facilitare l’ingresso di Sarajevo nell’Unione e alleviare le tensioni regionali.

Croazia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Ungheria e Slovenia hanno preparato un documento informale in vista della riunione del Consiglio Affari Esteri dell’UE-27. Il documento sottolinea come il Paese stia ancora affrontando sfide significative nel cammino verso la democrazia e la piena funzionalità istituzionale.

Un diplomatico europeo, intervistato da Euractiv, ha dichiarato che l’atto vuole “mobilitare il sostegno degli Stati membri per le cruciali riforme che dovrebbero essere completate nel 2021, tra cui la legge elettorale”.

Nonostante il tentativo dei sei Paesi di riavvicinare le parti, tuttavia, l’adesione della Bosnia all’Europa non avverrà a breve.

Un complicato percorso di adesione

Il processo di adesione di Sarajevo all’Unione Europea è ben lontano dal concludersi. Ad oggi la Bosnia è solamente una candidata potenziale e il suo status non sembra poter mutare a breve.

La struttura istituzionale del Paese balcanico è complessa e disfunzionale e ciò rende impossibile soddisfare i requisiti di pre-adesione alla Comunità Europea.

Lo stato di diritto rimane una delle preoccupazioni maggiori di Bruxelles. Sarajevo deve dotarsi di una Corte Suprema e garantire un equo esercizio della giurisprudenza in entrambe le metà del Paese. La divisione in una Federazione bosniaco-croata e una Repubblica Serba rende complicata l’approvazione di modifiche costituzionali.

La Bosnia-Erzegovina dovrebbe anche introdurre una “clausola di sostituzione” che consentirebbe allo Stato federale, al momento dell’adesione, di esercitare temporaneamente le competenze di altri livelli di governo per prevenire violazioni del diritto dell’UE.

La struttura federale, ma soprattutto le fratture esistenti tra i partiti dominati dai diversi gruppi etnici (serbi, croati, bosniaci), rendono improbabile che lo stallo creatosi sulle rifome possa sbloccarsi a breve. “L’organizzazione dello Stato richiede che le riforme e le misure vengano realizzate a livelli di governo inferiori” – ha dichiarato Admir Čavalić a Emerging Europe.

Finchè gli elettori continueranno a votare su linee etniche, il processo di ristrutturazione statale continuerà ad essere lento e inefficiente.

Segnali di speranza

In mezzo alle tante carenze statali si intravedono comunque dei segnali di miglioramento. 

Nel 2020 i cittadini della città di Mostar si sono recati alle urne per la prima volta in 14 anni. Sia il commissario europeo per l’allargamento e la politica di vicinato, Olivér Várhelyi, che Josep Borrell hanno accolto positivamente il regolare svolgimento della tornata elettorale.

Un programma nazionale per l’adozione dell’acquis dell’UE, la piattaforma di diritti ed obblighi che vincolano l’insieme dei Paesi europei membri dell’Unione, dovrebbe presto essere introdotto.

Zoran Tegeltija, Presidente del Consiglio dei Ministri della Bosnia-Erzegovina

Zoran Tegeltija, presidente del Consiglio dei Ministri della Bosnia-Erzegovina

Zoran Tegeltija, presidente del Consiglio dei Ministri, ha inoltre dichiarato che in passato diversi Paesi sono diventati membri nonostante il mancato soddisfacimento degli standard imposti da Bruxelles nel campo dello stato di diritto. Bulgaria e Romania, per esempio, rimangono tutt’ora soggette al meccanismo di cooperazione e verifica (CVM).

Sarajevo e Bruxelles restano lontane

Bruxelles richiede sostanziali cambiamenti costituzionali in cambio di una modifica dello status di candidatura. La prospettiva sulla futura adesione di Sarajevo è tuttavia poco chiara” – sostiene Nedim Hogić.

L’iniziativa dei sei Paesi membri è finalizzata a smuovere le acque. Il documento chiede all’Unione di trovare il giusto equilibrio tra condizionalità e incentivi e di incrementare il sostegno nei confronti del Paese balcanico.

Benché nei prossimi mesi i ministri degli esteri europei saranno chiamati a discutere della regione balcanica, è improbabile che il processo di adesione della Bosnia-Erzegovina subisca un mutamento.

Sarajevo è bloccata dalla bonaccia, ma il vento europeo non sembra per il momento poter aiutare la nave bosniaca.