Referendum, il Comitato del Sì arruola anche Montanelli

Pubblicato il 23 Ottobre 2016 alle 12:28 Autore: Giacomo Salvini
Comitato del Sì arruola Indro Montanelli

Fino ad oggi i promotori della riforma costituzionale avevano arruolato tra le proprie fila storici esponenti della sinistra come Enrico Berlinguer e Pietro Ingrao. Obiettivo: rafforzare la bontà della fine del bicameralismo paritario più volte caldeggiato dal Pci. Ieri, a questo pantheon ideale è stato aggiunto un personaggio che con la sinistra ha sempre avuto poco a che fare: Indro Montanelli. Sul sito del Comitato “Basta un Sì” infatti è apparso un articolo in cui viene ripresa un’intervista del 1999 all’ex direttore e fondatore del Giornale. “Le parole di Montanelli sono di una attualità sconcertante – scrive il Comitato –, ed è per questo che meritano di essere lette con grande attenzione”. Nell’intervista Montanelli sostiene che una riforma della costituzione in grado di dare maggiori poteri all’esecutivo, è possibile e perfino auspicabile.

Montanelli e la Costituzione: un errore esautorare l’esecutivo

Indro Montanelli, che viene definito “storica penna del Corriere della Sera” dai fautori della riforma costituzionale, in un passaggio dell’intervista rilasciata a Alan Eilkann dice: “Il secondo motivo che rende questa Costituzione impalatabile e nociva per il regime che ne doveva nascere fu che i nostri costituenti partirono dal punto di vista opposto rispetto a quello da cui sarebbero partiti i costituenti tedeschi: dissero, il fascismo era il premio dato ad un potere esecutivo che governava senza i partiti e senza controllo” e così pensarono di “dover esautorare completamente il potere esecutivo e la possibilità di dare ai Governi una stabilità. Per arrivare a cosa? Weimar! Mentre i tedeschi partivano dalla negazione di Weimar, noi ci arrivavamo, senza dirlo”. Insomma, secondo Montanelli una delle pecche più grosse della Costituente fu quella di esautorare completamente il potere esecutivo a favore di quello legislativo, non accorgendosi così di mettere in piedi un regime bloccato e impaludato che avrebbe potuto dar vita ad una nuova dittatura. Alla fine dell’intervista, l’ex fondatore del Giornale quindi sostiene una riforma costituzionale fatta “secondo criteri logici” in modo da restituire i giusti poteri nelle mani dell’esecutivo senza essere tacciati di “fascismo”.

Indro Montanelli e la costituzione italiana

Indro Montanelli è stato a lungo un fervente anticomunista e solo con l’ascesa al potere del suo ex editore al Giornale Silvio Berlusconi, decise di “turarsi il naso” per la seconda volta nella sua vita e nel 1996 andò a votare Ulivo alle politiche poi vinte dalla coalizione guidata da Romano Prodi. Montanelli fu, da sempre, un presidenzialista convinto nonostante pensasse che l’elezione diretta del Capo dello Stato non fosse la soluzione più adatta in quanto all’Italia mancavano un De Gaulle o un Washington. “Meglio che il popolo elegga direttamente il Capo dello Stato o il capo del governo? – si chiedeva Montanelli nel 1997 – Secondo me sarebbero una disgrazia sia l’una che l’altra: questo popolo, non dimentichiamolo, elesse Cicciolina e Toni Negri”.

Quando Montanelli diceva: Dio ci salvi dalle riforme

Scegliere come testimonial per la campagna elettorale grandi personaggi della storia italiana ormai defunti non è mai piacevole. Per un semplice fatto: i diretti interessati non possono più replicare. Tanto che, negli scorsi mesi, sono arrivate proteste da parte dei familiari di Berlinguer e di Ingrao sull’utilizzo delle loro parole per fare campagna referendaria. E lo stesso dovrebbe valere per un grande “anarchico” come Montanelli, che sarebbe assolutamente impossibile includere in uno o l’altro schieramento. Anche perché lo stesso Montanelli cambiò idea diverse volte rispetto alle possibili riforme costituzionali da approvare in Italia. Nel 1974, per esempio, auspicava una riforma elettorale più che quella costituzionale e nel 1997, in piena Bicamerale, Montanelli scriveva così a un lettore che gli chiedeva un parere sulla Carta: “Caro Bianchi, si levi una volta per tutte dalla testa che il problema dell’Italia sia nel cambiare le regole. Questo è ottimismo, e dei più candidi. Il problema dell’Italia è cambiare noi italiani”. E ancora, qualche mese dopo: “Quelli che vogliono solo modificare la Costituzione e quelli che intendono riscriverla sono ugualmente inaffidabili. Le belle leggi sono inutili se poi non si rispettano. In Italia la Costituzione è come il Santissimo posto sull’altare: il fedele che gli passa davanti s’inchina facendosi il segno della croce e poi prosegue per farsi i cavoli suoi. Dio ci salvi dalle riforme”.

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L'autore: Giacomo Salvini

Studente di Scienze Politiche alla Cesare Alfieri di Firenze. 20 anni, nato a Livorno. Mi occupo di politica e tutto ciò che ci gira intorno. Collaboro con Termometro Politico dal 2013. Su Twitter @salvini_giacomo
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