Jeremy Corbyn: Labour sempre più debole

Pubblicato il 27 Febbraio 2017 alle 09:59 Autore: Nicolo Scarano
jeremy corbyn

Jeremy Corbyn: Labour pare sempre più debole

Il Labour vince nel seggio cittadino di Stoke-On-Trent, tenendo fuori il leader dell’Ukip – Paul Nuttall, travolto da scandali e errori durante la campagna elettorale – dalla House of Commons e passando dal 39 al 37%. Un sospiro di sollievo, per il leader Jeremy Corbyn? No, perché il partito perde contestualmente Copeland, altra zona classicamente rossa. Dove sono i Tories, i Conservatori, a beneficiare dal crollo – e probabilmente la fine, essendo diventato di fatto un partito inutile – dell’Ukip.

I Conservatori inglesi hanno compiuto la magia politica di passare dal liberismo globalista e (relativamente) europeista di Cameron ed Osborne, ad una dottrina “One Nation” – sempre globalista, ma in maniera diversa – che ha dato sicurezza ai votanti del leave, i quali avranno la loro Hard Brexit con l’illusione della protezione sociale. È in questo modo che Theresa May, da sempre una conservatrice sociale, si è quindi “appropriata”  dell’agenda di Ukip.

Jeremy Corbyn, anche grazie all’incapacità di trovare consenso tra i suoi stessi parlamentari e il continuo battagliare interno del Labour, non è riuscito a capitalizzare l’entusiasmo iniziale che lo ha portato ad essere Shadow Prime Minister, e quel radicalismo che qualcuno pensava potesse funzionare in un Regno Unito sempre più arrabbiato. Gli inglesi vogliono un leader che si sappia mettere bene la cravatta – che vuol dire tanto – e soprattutto che non faccia e dica troppo il socialista (ir)reale.

Jeremy Corbyn: perché non viene sostituito?

Bene, visto il risultato affatto positivo di Copeland, può il leader essere sostituito o no? Un po’ di storia recente: Corbyn vince nel settembre del 2015, a sorpresa, le prime “primarie aperte” – in stile Pd, ma con iscrizioni chiuse un mese prima – della storia del Labour Party. Grande successo, grande entusiasmo, cattivissima stampa, e una ribellione costante e logorante da parte del gruppo parlamentare.

Quando si arriva il disastro del 23 giugno 2016, la sconfitta al referendum sulla Brexit viene attribuita senza alcuna particolare motivazione a Corbyn, il quale viene sfiduciato dal gruppo parlamentare del partito e sfidato da un parlamentare del Galles piuttosto debole e dalle poche idee, Owen Smith. Risultato: altro trionfo di Corbyn nel settembre del 2016, e crescente isolamento tra il leader, con i suoi pochi consiglieri e ciò che rimane dell’apparato post-blairiano. Intanto la nuova Prime Minister Theresa May fa segnare dei numeri impressionanti nei sondaggi e il Labour perde apparentemente sempre più consensi.

Ma allora, dopo l’ultimo risultato elettorale, a Copeland, possibile che questi ribelli (notabilmente Peter Mandelson, ex-consigliere di Blair, il quale dichiara di “lottare ogni giorno” per danneggiare non Theresa May o l’Ukip, ma Jeremy Corbyn) non abbiano trovato il modo di sostituire il leader in carica?

Jeremy Corbyn: l’assenza di alternative favorisce l’attuale leader dei labour

Chiedendo ad alcuni britannici, molto attivi su Facebook, che seguono più da vicino la questione, pare di capire che i parlamentari anti-Corbyn fondamentalmente abbiano paura di essere “deselezionati” dal loro partito alle prossime elezioni, se non prima, e che comunque tanta base Labour ce l’ha con loro per non aver mostrato alcuna unità nei confronti del leader doppiamente eletto. In sintesi: gli anti-Corbyn, i centristi, i moderati, non hanno idea di chi e cosa proporre, non hanno leader né visione, e, bloccati in uno stallo imbarazzante, non vogliono fare la stessa fine dell’anno scorso.

Una lezione che è valida davvero per tutti: puoi essere guidato anche da un leader ormai completamente fuori fase, che va in vacanza in momenti essenziali, che ha subito delle sconfitte allucinanti, che ha subito scissioni dolorosissime. Ma per sfidarlo, e convincere il corpo vivo del partito che si può e si deve cambiare guida e linea politica, devi averne almeno una buona idea a disposizione. Come è successo a Benoit Hamon tra i socialisti francesi, ad esempio, che a sorpresa ha tirato fuori il favoritissimo Manuel Valls dalla corsa per le Presidenziali. Nel Labour, questa possibilità, al giorno d’oggi non esiste. E nel Pd? Nei Democratici americani? Lo vedremo a partire da domenica, e poi fino ad Aprile.