Elezioni Francia: la piccola rivoluzione del folle dibattito a 11

Pubblicato il 11 Aprile 2017 alle 12:15 Autore: Livio Ricciardelli
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Elezioni Francia: la piccola rivoluzione del folle dibattito a 11

Grandi innovazioni quest’anno in Francia. Ci si aspetta l’esclusione al primo turno del candidato dei socialisti e di quello dei neo-gollisti; le due famiglie politiche più importanti della Quinta Repubblica. Addirittura, il paese si uniformerà ancor di più ai canoni “occidentali” con la proposizione di una serie di dibattiti tv tra i candidati. Probabilmente, favoriranno un rinnovamento dell’offerta politica transalpina. Basti paragonare le abitudini d’oltralpe a quella dell’altra grande democrazia europea: il Regno Unito.

Elezioni Francia: una piccola rivoluzione in tv

Nel sistema parlamentare britannico non esiste – come da altre parti – l’elezione diretta del Primo Ministro. Nel 2010, però, si incominciò a proporre un dibattito televisivo tra i leader dei 3 partiti principali in vista delle elezioni. L’effetto fu una novità politica. Non tanto nel “Parlamento Appeso” che ne uscì fuori. Piuttosto nella volontà politica di Conservatori e Libdem di dar vita ad un governo di coalizione.

Nel 2015, sempre nel Regno Unito, si osò di più. Insieme al dibattito tra i candidati conservatore, laburista e libdem si ospitarono, in un altro dibattito, la leader dei nazionalisti scozzesi, dei gallesi, quella dei Verdi e Farage per l’Ukip.

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In Francia invece si registra una rivoluzione televisiva. Nonostante ci sia una certa tradizione dei dibattiti tv tra i candidati alla presidenza della Repubblica; solo da quest’anno esiste un dibattito per il primo turno elettorale. Ovviamente solo da quest’anno sono stati organizzati dei dibattiti sia tra i cinque candidati principali sia tra tutti gli 11 competitors per l’Eliseo.

Elezioni Francia: l’eccezione Melenchon

La televisione sappiamo avere ormai un grandissimo peso nelle dinamiche politiche. Al tempo stesso la Francia ha cercato sempre di preservare la propria eccezionalità culturale; pur riconoscendo uno sviluppo tecnologico dai tratti anglo-americani del mezzo televisivo.

E’ interessante notare come, nel 2017, la personalità che forse più ha tratto beneficio da questi sconclusionati dibattiti sia stato Jean-Luc Melenchon. Un esponente politico che non avrà chance di arrivare al secondo turno. Ma che mira ad aumentare il suo bottino elettorale rispetto alla performance del 2012 e a superare il suo ex partito.

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Un leader politico indubbiamente carismatico, innovatore  – molto apprezzata la trovata dei comizi politici attraverso ologrammi – ma al tempo stesso portatore di quella particolarità tipica della sinistra francese. Capace di coniugare il socialismo dirigista tradizionale con quello di matrice giacobina e legalitaria.

Fillon ed Hamon probabilmente finiranno fuori dal ballottaggio. Le Pen e Macron rappresentano una dinamica poco francese e molto europea (come la dicotomia tra europeisti ed euroscettici). A questo punto, Melenchon si pone come un innovatore dei linguaggi; nella conservazione delle tradizionali idee politiche. Per certi versi, un politico moderno e comiziante al tempo stesso. Strano che ce lo debba ricordare un folle dibattito ad 11.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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