Strategia Cina: la Via della Seta e il mosaico dell’ambizione

Pubblicato il 24 Maggio 2017 alle 17:01 Autore: Riccardo Piazza
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Strategia Cina: la Via della Seta e il mosaico dell’ambizione

Il progetto strategico One Belt One Road (dal cinese yī dai yī lu, letteralmente “una cinta, una via”) lanciato da Xi Jinping nel 2013, racchiude in sé i caratteri di un mastodontico mosaico visionario. Una potenziale rete di trasporto commerciale, di comunicazione e scambio che coinvolge, al momento, 64 Paesi, oltre alla Cina. Un’area estesa attraverso le civiltà contemporanee comprendente 4,5 miliardi di abitanti. Il 30% del PIL mondiale.

Strategia Cina: One belt, One road

La via globale nasce dunque a Pechino. La dichiarazione d’intenti fatta dal presidente della Repubblica Popolare cinese non fa altro che avvalorare un nuovo paradigma economico-sociale. L’intenzione è quella di completare i lavori entro il 2049. La Cina ha ufficialmente intrapreso la via dell’apertura ai mercati internazionali.

Il Celeste Impero ha promesso cospicui finanziamenti nell’ambito della nuova Via della Seta (OBOR). Anzitutto, 78 miliardi di dollari. Serviranno ad incoraggiare le enormi opportunità di business nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell’energia.

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I principali stanziamenti arriveranno dalle casse della imponente Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture (AIIB).

L’Italia rappresenta uno dei principali membri finanziari non asiatici di riferimento, (2,79% del capitale azionario). Fra gli obiettivi, favorire la connettività eurasiatica e, dall’Eurasia, all’Africa. Nel complesso una fucina di cantieri e di indotto per un totale di 113 miliardi.

Strategia Cina: Italia nodo strategico

Durante il Forum One Belt One Road di Yanqi Lake, cui hanno preso parte, al di là dei padroni di casa, 29 Capi di Stato e di Governo, sono stati sanciti i principi per un nuovo ordine economico-politico globale. All’interno dell’imperioso incedere della nuova strada degli scambi e del profitto, l’Italia non resterà in disparte. Il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, ha sottolineato come “sia necessario cogliere tutte le opportunità di questa piattaforma”.

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Del resto, i 64 Stati dell’Asia Centrale implicati in OBOR rappresentano il 27% dell’export italiano nel mondo. Il Sistema portuale nostrano catalizza il 12,8% dei traffici gestiti europei. Le eccellenze infrastrutturali affacciate sull’Adriatico offrirebbero una corsia ottimale per il trasporto logistico delle merci. Queste potrebbero transitare, a tariffe vantaggiose, dagli scali commerciali di Venezia e Trieste.

La città lagunare e il comune dell’Alabarda di san Sergio, diventerebbero così la bisettrice economica principale degli hub di Pechino. Il Pireo di Atene è ormai detenuto per i due terzi dalla cinese Cosco. Le linee d’intesa ci sono già tutte e sono sostanziose. Un esempio concreto? La Silk Road Fund (40 miliardi di dollari).

L'autore: Riccardo Piazza

Nasce a Palermo nel 1987 e si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione presso l’Università del capoluogo siciliano nel 2010. Prosegue i suoi studi specialistici in Scienze filosofiche all’Università di Milano dove consegue il Diploma di laurea Magistrale nel 2013. Scrive per alcune riviste telematiche di letteratura e collabora, quale giornalista, per diverse testate d’informazione occupandosi di cronaca parlamentare, costume e società. Si dedica attivamente allo studio dell'economia e del pensiero politico contemporaneo ed è docente di storia e filosofia. Gestisce un blog: http://www.lindividuo.wordpress.com Su twitter è @Riccardo_Piazza
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