Danimarca: le difficoltà del governo guidato dalla Thorning-Schmidt

Pubblicato il 7 Aprile 2012 alle 13:01 Autore: Antonio Scafati
Thorning-Schmidt danimarca

Intendiamoci: non è che in sei mesi la coalizione di governo abbia collezionato solo sconfitte e imbarazzi. Qualche risultato – anche di peso – l’ha portato a casa. Ad esempio è diventato realtà per le coppie omosessuali il sogno di sposarsi tra le mura di una chiesa. E anche sull’immigrazione l’esecutivo ha ammorbidito alcuni aspetti di quel complesso normativo costruito dal precedente governo conservatore che tante critiche aveva attirato su di sé. E poi c’è la politica estera. A gennaio è iniziato il semestre di presidenza danese dell’Unione Europea e non c’è bisogno di stare a dire quanto complicato sia questo periodo per il Vecchio Continente e quanto lavoro si stia facendo a Bruxelles per tenere a galla l’euro e l’Europa. Molti esponenti del governo danese hanno avuto quindi molto da fare fuori dai confini nazionali. Ma dentro quei confini, ad aspettarli c’è sempre il problema dei problemi: la crisi economica.

Come scriveva il Nordic Labour Journal alla vigilia delle elezioni dello scorso settembre, l’80% dei danesi sarebbe andato alle urne pensando al proprio portafoglio più leggero e ai timori per il posto di lavoro. In Danimarca sono molti quelli che devono appoggiarsi in un modo o nell’altro al welfare, sono molti quelli che hanno visto un impatto sul proprio bilancio familiare, sono molti quelli che fanno i conti con l’aumento delle disuguaglianze sociali. Dal governo guidato dalla Thorning-Schmidt, i danesi si aspettavano tanto, forse troppo. Ridurre le disuguaglianze sociali (come promesso in campagna elettorale) non è cosa facile in tempi come questi e soprattutto non è facile farlo in soli sei mesi. Resta il fatto che a oggi il cambio di passo non s’è visto.La Danimarcaè in recessione tecnica e la disoccupazione è sempre lì, intorno al 6%.

Ecco allora che nei sondaggi l’opposizione conservatrice è data in netta ascesa ed ecco che qualcuno già comincia a fare il toto-nome per la successione alla Thorning-Schmidt. Anche in questo caso nei sondaggi sono due i nomi che si sono messi in risalto: Nicolai Wammen, classe 1971, ex sindaco di Aarhus e oggi ministro per gli Affari Europei, e Mette Frederiksen, parlamentare da una decina d’anni e attuale ministro dell’Occupazione. Improbabile che qualcuno all’interno del partito socialdemocratico tenti di fare le scarpe già oggi alla premier: resta il fatto che anche questo contribuisce ad alzare la pressione.

In questa cornice e con questi problemi Helle Thorning-Schmidt deve e dovrà affrontare sfide decisive. A partire dalla riforma del welfare, visto che lo Stato Sociale danese così com’è non ha futuro. Considerato che quasi certamente il deficit è destinato a salire, da qualche parte bisognerà tagliare. Lo si sa da un po’. Il governo ha cominciato a tastare il terreno ma la vera battaglia politica dovrebbe cominciare in autunno: facile prevedere una battaglia di quelle toste. Per il governo sarà bene arrivarci con una coalizione se non più forte almeno coesa.

L'autore: Antonio Scafati

Antonio Scafati è nato a Roma nel 1984. Dopo la gavetta presso alcune testate locali è approdato alla redazione Tg di RomaUno tv, la più importante emittente televisiva privata del Lazio, dove è rimasto per due anni e mezzo. Si è occupato per anni di paesi scandinavi: ha firmato articoli su diverse testate tra cui Area, L’Occidentale, Lettera43. È autore di “Rugby per non frequentanti”, guida multimediale edita da Il Menocchio. Ha coordinato la redazione Esteri di TermometroPolitico fino al dicembre 2014. Follow @antonio_scafati
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