Destra e sinistra in Europa

Pubblicato il 10 Aprile 2012 alle 10:42 Autore: Matteo Patané
Destra e sinistra in Europa

Storicamente la sinistra – dal Proletari di tutti i paesi, unitevi! di Marx ed Engels – ha da sempre avuto una maggiore attenzione all’internazionalismo nella formulazione delle proprie ideologie e delle proprie proposte politiche; uno degli esempi più eclatanti furono forse i disperati e inascoltati appelli alla vigilia della Prima Guerra Mondiale lanciati dai partiti socialisti e comunisti europei contro il conflitto, affinché non vi fosse un proletariato tedesco, uno austriaco, uno russo, uno francese e via dicendo.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, tuttavia, e a maggior ragione negli ultimi vent’anni, sono state le destre ad essersi rese la forza propulsiva delle maggiori costruzioni sovranazionali, dalla NATO alla stessa UE, per quanto le formazioni e l’influenza delle forze progressiste non possa in alcun modo essere dimenticata o ridotta a dimensioni trascurabili. Dopo la caduta del muro di Berlino e la difficoltà accusata da molti partiti di sinistra di ridefinire le proprie ragioni di esistenza è diventato ancora più difficile trovare la necessaria coesione di intenti necessaria alla definizione di una vera strategia politia europea: dal modello socialdemocratico scandinavo, alla terza via di Blair, all’Ulivo prodiano fino ai recenti nazionalismi di sinistra dell’Europa orientale si è piuttosto assistito ad una serie di tentativi disorganici di reinventare il progressismo senza tuttavia arrivare a quella massa critica di consenso necessaria a realizzare l’unione delle sinistre europee sotto una bandiera comune.

D’altro canto, il centrodestra – salvo derive nazionalpopolari mitteleuropee – pare oggi allineato su posizioni piuttosto simili tra loro: i programmi di Cameron, Sarkozy, Merkel, Rajoy e dello stesso Monti presentano infatti troppe affinità perché si possa trattare di una mera coincidenza.
Grazie anche alle posizioni di governo nelle cinque maggiori economie dell’Unione Europea, la destra sta attuando un disegno di integrazione sociale ed economica – naturalmente secondo i propri valori e le proprie priorità – senza precedenti nella storia del continente, dando forse per la prima volta un senso alle parole “politica europea”.
In quest’ottica, il forte sostegno politico ed elettorale reciproco tra i principali leader del centrodestra europeo va letto nell’ottica della realizzazione di una politica comune. Lo sponsor diretto di Angela Merkel nella campagna elettorale di Sarkozy, il sostegno verso Monti e Rayoj sono tasselli di unpuzzle di politica europea in cui la destra riesce a muoversi a proprio agio ormai da tempo.

L’asimmetria con la sinistra è evidente. Esclusa la breve parentesi dell’Ulivo prodiano e della Terza Via blairiana non si è mai assistito ad una vera unità di intenti tra i principali partiti di centrosinistra e di sinistra dei vari paesi europei, complice appunto la grande diversità ideologica di tali formazioni tra uno stato e l’altro – che impedisce persino, come nel caso del PD, la costruzione di uno schieramento unitario a Strasburgo – che si traduce nell’incapacità di una visione organizzata dell’Europa nel suo complesso e nell’assenza di un progetto collettivo a livello comunitario. Solo negli ultimi tempi sono iniziati effettivi contatti tra i leader dei tre principali partiti del centrosinistra europeo, Gabriel, Hollande e Bersani, per la definizione di strategie comuni. Si tratta tuttavia ancora di resoconti troppo sommari, nebulosi e lontani dalla politica reale, ma soprattutto troppo fragili: una sconfitta di Hollande alle prossime presidenziali francesi ne comporterebbe inevitabilmente l’arresto, in quanto difficilmente Bersani e Gabriel vorrebbero legare la propria immagine ad un candidato sconfitto.

La destra, sposando le posizioni tecnocratiche della BCE, è riuscita da un lato a trovare unità di intenti a livello comunitario, e dall’altro ad ammantare di autorità la propria proposta politica ed ideologica. La sinistra ha un immenso gap da colmare, che ancora una volta riporta al vuoto filosofico successivo alla caduta del Muro di Berlino. Il compito pare titanico e la lotta impari, eppure le forze progressiste devono essere conscie che è ormai su questo scacchiere che si arriverà a decidere del futuro dell’Europa e di tutti suoi Paesi. Farsi trovare impreparati è inaccettabile.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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