Referendum propositivo: che cos’è e come funziona la proposta del M5S

Pubblicato il 6 Giugno 2018 alle 15:45 Autore: Giancarlo Manzi
referendum propositivo

Referendum propositivo: che cos’è e come funziona la proposta del M5S

Più democrazia diretta, al di là del sistema Rousseau e della rete. Luigi Di Maio ha dichiarato di voler introdurre in Italia il cosiddetto “referendum propositivo”. Secondo l’articolo 75 della Costituzione i cittadini ad oggi possono esprimersi soltanto in negativo; cioè, per “cancellare” una legge (o una parte di essa) già presente nell’ordinamento (referendum abrogativo).

L’istituto prevede un quorum del 50% dei votanti perché sia valida. Un tassello che il neo ministro di Lavoro e Sviluppo Economico vorrebbe eliminare. In effetti, nella storia della Repubblica, si contano oltre 70 referendum abrogativi convocati, buona parte dei quali “falliti” proprio per via del mancato raggiungimento della soglia.

Referendum propositivo: il precedente

In Italia, il referendum propositivo esiste già, ma soltanto in due delle cinque regioni a statuto speciale; ossia, Valle d’Aosta e Trentino. D’altra parte, era uno dei punti cardine della riforma costituzionale promossa dal Governo Renzi. Alla fine, è noto, il 60% degli italiani ha votato ‘no’. Appare comunque utile scandagliare ai raggi X la proposta bocciata un anno e mezzo fa per capire quale direzione potrebbe seguire l’ampliamento del perimetro della democrazia diretta voluto da Di Maio.

Referendum propositivo: la riforma costituzionale del 2016

Il faro sarebbe il nuovo articolo 97 della Costituzione così come venuto fuori dalle Commissioni parlamentari; in esso si fissano dei paletti ben precisi per il nuovo istituto; gli italiani potrebbero servirsi del referendum propositivo soltanto per deliberare l’approvazione di una legge ordinaria o di un’iniziativa popolare ferma alle Camere da almeno due anni; il tutto accompagnato dalla presentazione di almeno 800mila firme da parte degli elettori.

Inoltre, vengono escluse dalle possibilità di intervento diretto dei cittadini le proposte di legge costituzionale o di revisione della costituzione; restano prerogativa dell’esecutivo o del Parlamento. Non ammissibile nemmeno un referendum “approvativo” su iniziative del governo, del Parlamento o delle Regioni. Oltre i proclami, si dovrà capire a questo punto se Di Maio e il M5S intenderanno allargare o restringere ulteriormente le maglie del referendum propositivo concepito da Renzi.

Referendum in Italia: le tre tipologie previste dalla Costituzione

Attualmente sono tre le tipologie di referendum previste dalla nostra Costituzione. C’è l’abrogativo (articolo 75, quorum al 50% degli aventi diritto al voto), può essere convocato su iniziativa di 500mila elettori o di 5 consigli regionali; serve a ‘cancellare’ in toto o in parte una legge, ad esclusione di quelle che disciplinano l’ambito tributario e di bilancio e che autorizzano un’amnistia, un indulto o la ratifica di un trattato internazionale. Un esempio su tutti riguarda l’Euro; ad oggi non sarebbe possibile abrogare con un referendum l’adesione dell’Italia alla moneta unica.

Poi c’è il Costituzionale (articolo 138), attraverso cui si possono rivedere uno o più articoli della Costituzione. Esso scatta quando una riforma costituzionale non raggiunge la maggioranza dei due terzi in entrambe le Camere alla seconda votazione (come nel 2016).

Infine, il territoriale; utile a certificare la ‘fusione’ tra più regioni o la volontà espressa da un comune o una provincia di staccarsi dalla propria regione per entrare a far parte di un’altra ad essa contigua.

                                                                                                                                                                                                 Giancarlo Manzi