Reddito di cittadinanza: come funziona, requisiti e a chi spetta. Guida TP

Pubblicato il 23 Gennaio 2019 alle 06:21 Autore: Giancarlo Manzi

Sul reddito di cittadinanza il M5S e il Governo si giocano moltissimo: ecco come funziona in dettaglio la misura anti-povertà tra nodi e prospettive

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Reddito di cittadinanza: come funziona, requisiti e a chi spetta. La guida TP

Il nodo reddito di cittadinanza sta per arrivare ‘al pettine’ del nuovo governo Lega-5 Stelle. I pentastellati, che ne hanno fatto un cavallo di battaglia per eccellenza della loro proposta politica, si giocano moltissimo sul sussidio anti-povertà. Non a caso Luigi Di Maio, qualche giorno fa, ha rassicurato – “Va fatto subito” – aprendo ad uno spazio di manovra entro la prossima legge di bilancio. E ieri il premier Conte alla Camera, giocando di sponda e accennando ai dati sui 5 milioni di cittadini che vivono sotto la soglia di povertà certificata dall’Istat, ha ribadito l’impegno sulla misura. Parole pubbliche che cozzano però con le indiscrezioni in merito allo stop al reddito di cittadinanza che sarebbe stato imposto dal Ministro dell’Economia Giovanni Tria, ‘coadiuvato’ dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti.

Il problema resta sempre lo stesso: le coperture. Per il reddito di cittadinanza servono infatti, milione più milione meno, almeno 15 miliardi di euro. Più altri 2 miliardi per riformare i centri per l’impiego, gli uffici da cui dovranno passare tutte le richieste e che saranno il cardine operativo del sussidio. Secondo Repubblica, l’esecutivo starebbe allora pensando a una trattativa con l’Europa per ottenere da Bruxelles una flessibilità dello 0,5% utile a finanziarlo. Oltre all’utilizzo dei 3,4 miliardi di euro del Fondo Sociale Ue.

Reddito di cittadinanza: requisiti e a chi spetta

Il ‘numero principe’ del reddito di cittadinanza è rappresentato dalla soglia di povertà Istat, sotto la quale un nucleo familiare va considerato povero: 780 euro al mese. Ebbene, con la misura (fonte il disegno di legge presentato nel 2013), il M5S intende far percepire tale somma a tutti. Sia per intero, a chi non guadagna nulla. Sia tramite un’integrazione, a beneficio di chi lavora o ha una pensione (appunto si parla di ‘pensione di cittadinanza’), ma non raggiunge la soglia. La platea in attesa è di circa 9 milioni di persone.

I requisiti in sintesi: essere maggiorenni. Disoccupati o inoccupati. ‘Vantare’ un reddito o pensione sotto i 780 euro al mese. La misura però, sia chiaro, è rivolta ai nuclei familiari, non a tutti indiscriminatamente. Esempio: se in una famiglia entrambi i genitori sono disoccupati, il nucleo ha diritto a 1680 euro (780+780). Se uno o entrambi lavorano, ma con stipendio sotto la soglia Istat, si ha diritto all’integrazione fino ai 780 euro.

Reddito di cittadinanza: come mantenerlo e quando decade

Ovviamente, non si possono ‘mantenere’ le famiglie in eterno. Ci sono, dunque, dei paletti che, se non rispettati, fanno decadere il diritto a percepire il reddito di cittadinza. Innanzitutto, bisogna iscriversi a un centro per l’impiego. L’idea è che lo Stato aiuti temporaneamente chi è in difficoltà, fino a che i cittadini non trovino un impiego. Per farlo, devono dedicarsi almeno 2 ore al giorno alla ricerca di un’occupazione. In parallelo, è obbligatorio inoltre frequentare dei corsi di formazione e impiegare 8 ore a settimana in progetti comunali legati alla collettività. Durante questo periodo (senza soglie temporali), il reddito è garantito. Ma decade nel caso in cui la persona rifiuti per tre volte consecutive un lavoro proposto per il tramite del centro per l’impiego.

Reddito di cittadinanza: i punti controversi

La proposta presenta comunque alcuni punti controversi. In particolare, nei riguardi dei liberi professionisti. Chi vuole accedere al reddito di cittadinanza, infatti, deve necessariamente chiudere, se ne è in possesso, la propria partita IVA. Questo perché i centri per l’impiego proporrebbero soltanto lavori con contratti a subordinazione, spesso incompatibili con alcune professioni. Un aspetto che potrebbe incentivare la chiusura di tante attività autonome.

Ancora, nelle pieghe della ‘regola dei tre lavori’, esiste una sottigliezza su cui non si è quasi mai dibattuto. Il disegno di legge prevede che il sussidio sia ritirato nel caso in cui venisse dimostrata la palese volontà, da parte di un cittadino, di ottenere un esito negativo in un eventuale colloquio di lavoro, con l’obiettivo di prolungare all’infinito il diritto a percepire il sussidio. Alcuni detrattori pensano che la suddetta prescrizione conceda troppo potere discrezionale a chi valuta queste condotte, aprendo la strada ad accordi sotto banco o malversazioni.

Altro nodo, quello relativo alle zone del paese più depresse dal punto di vista economico. In questi territori, che si trovano loro malgrado di fronte a una carenza quasi strutturale di occupazione, il rischio è che il reddito di cittadinanza si trasformi in un ‘vitalizio’ a tutti gli effetti. Con prevedibili effetti negativi sul bilancio dello Stato.

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