Concilio di Firenze: perché quanto successo il 6 luglio 1439 è così importante?

Pubblicato il 6 Luglio 2018 alle 16:20 Autore: Tommaso Lolli

Concilio di Firenze: perché quanto successo il 6 luglio 1439 è così importante?

Lo scisma d’Oriente tra Papato e Impero Romano d’Oriente ruppe l’unità del mondo cristiano. Fu un avvenimento epocale. Papa Leone IX decise di scomunicare il patriarca Michele I Cerulario ed il patriarca di Costantinopoli decise di scomunicare il Papa.

La data di tale vicenda si fa risalire al 1054 eppure il processo di separazione tra Basileia e Papato era iniziato da tempo. Il distanziamento delle due Chiese è costellato da innumerevoli episodi: saccheggio di Costantinopoli da parte dei crociati nel 1204; iconoclastia; primato di Roma; gestione delle nuove Chiese a seguito delle conversioni di alcune popolazioni etc.

La frattura tra le due Chiese esiste tuttora ed anzi, qualche riavvicinamento in tempi recenti è stato tentato. Si pensi alla “Dichiarazione di Riconciliazione” del 1964; divenuta successivamente nota come “Dichiarazione comune cattolico-ortodossa” del 1965, tra Papa Paolo VI ed il patriarca Atenagora I. Oppure la restituzione di alcune reliquie legate alla tradizione ortodossa da parte di Giovanni Paolo II od il Patriarca di Costantinopoli che giunse a Roma per i funerali di Karol Wojtyła.

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Concilio di Firenze: tentativi di riconciliazione

Il processo di riconciliazione rappresenta un procedimento molto lungo e complesso, tocca argomenti sensibili per entrambe le Chiese e tenta di disinnescare l’odio ed il risentimento covato da secoli. Gli interessi di entrambe sono enormi e riguardano sia la sfera politica sia quella religiosa. Infatti, la cristianità nuovamente unita rappresenterebbe un problema per chi utilizza la religione ortodossa come strumento di politica interna.

D’altronde, una peculiarità della Chiesa Ortodossa è, al contrario della Chiesa Romana, la convivenza, talvolta sfociata in scontri anche sul piano militare, tra le diverse Chiese autocefale, le quali non rispondono al volere del patriarcato di Costantinopoli).

Mentre i cattolici hanno sempre potuto vivere celebrando la propria religione così non fu per quei credenti di credo ortodosso. Solo di recente, i Paesi dell’Est e dei Balcani hanno riscoperto le loro radici religiose. I secoli passati sotto il dominio ottomano misero a rischio la sopravvivenza di tale fede; solo dopo la metà dell’800 venne riscoperta. Pensare alla Bulgaria sarebbe un esempio corretto.

La Bulgaria non voleva più sottostare al dominio non solo territoriale ma anche culturale turco; gli ottomani avevano centralizzato e posto sotto il loro diretto controllo il patriarcato di Costantinopoli. Dunque, decise di proclamare il proprio esarcato nel 1872; nella stessa maniera in cui aveva fatto, anche se in maniera diversa, la Grecia qualche anno prima.

Data una chiara visione di come il mondo ortodosso sia variegato e complesso, per via delle sue caratteristiche (una Chiesa decentrata) e rivalità (ogni esarcato è in competizione con l’altro), si può riuscire a comprendere come mai una riconciliazione non sia molto facile da attuare; tra l’altro, contando anche le mille sfaccettature della Chiesa Romana.

Concilio di Firenze: Giovanni VIII Paleologo

Quando la Chiesa Ortodossa era unita e strumento politico nelle mani del Basileus dell’Impero ROmano d’Oriente un riavvicinamento con Roma venne tentato. La politica ha sempre cercato di utilizzare la religione come mezzo per governare, si pensi al Cardinale Richelieu in Francia, alla Chiesa Anglicana dei regnanti inglesi, etc.. e così l’imperatore dei Romei, Giovanni VIII Paleologo al fine di salvare l’Impero Bizantino, ridotto a Costantinopoli, all’Acaia e alla Morea in Grecia, dalla morsa ottomana.

L’imperatore Giovanni VIII aveva intuito l’isolamento del proprio impero dal resto del mondo e soprattutto dal resto della cristianità. Egli era a conoscenza del fatto che solamente un intervento del Papato avrebbe smosso gli altri Stati Europei a far fronte all’invasione turca dell’Europa.

Il saggio Basileus riuscì ad inserire la sua urgente questione tra i temi proposti al Concilio di Basilea del 1431; aveva il compito di riformare la Chiesa e di estirpare l’eresia hussita. La riconciliazione tra le due Chiese venne discussa a Ferrara inizialmente e poi per problemi logistici e a causa di una epidemia di peste scoppiata all’interno della città, il Concilio decise di spostarsi a Firenze.

Concilio di Firenze: i temi in sospeso dal 1054

A Firenze, arrivarono circa 700 delegati bizantini per risolvere le tematiche rimaste in sospeso dal 1054. I Bizantini sapevano che era messa in discussione anche l’esistenza dell’Impero nel caso in cui non si fosse giunti ad un accordo. A differenza di quanto ci si aspettava, i dibattiti misero in luce dei punti di vista comuni e condivisi lasciando scorgere un clima di unione. Per il Papa il Concilio era importantissimo, vi era la possibilità di salvare non solo ciò che rimaneva del glorioso Impero Romano ma anche di aumentare il prestigio presso gli altri Stati Europei.

Pertanto, la disposizione dei posti a sedere venne scelta al fine di creare un ambiente migliore. Il Papa non sedeva al centro ma era solamente il primo della fila dei Latini; ciò per dimostrare che nonostante esistesse il Primato Papale egli rimaneva sempre un “primus inter pares”. Vennero affrontati vari punti riguardanti gli ambiti più disparati e che erano cambiati dal 1054. Si potrebbe affermare che si raggiunse un patto sostanziale. La firma del decreto” Laetentur coeli” il 6 luglio 1439 portò alla completa riunificazione tra greci e latini.

L’accordo rimase solamente sulla carta in quanto i patriarchi bizantini ritirarono il loro supporto alla riconciliazione dopo aver fatto ritorno in patria dato che si erano potuti rendere conto del malcontento della popolazione verso quell’accordo.

Infatti, a Costantinopoli erano ancora vivi i ricordi del saccheggio della Quarta Crociata nel 1204; quindi, la perdita della loro Capital. Per le strade di Costantinopoli si udiva sempre la frase: “Preferisco il turbante turco alla tiara latina”. Il passo indietro dei bizantini, costrinse l’Imperatore ad accettare la sconfitta ed a prepararsi per l’ultima delle lotte, combattuta e persa il 29 maggio 1453.

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Concilio di Firenze: porte aperte al Rinascimento

Nonostante il fallimentare tentativo un risvolto positivo tale Concilio lo ebbe. Ungheria e Polonia promossero i dettami avanzati dall’accordo e si impegnarono a portare sotto il controllo di Roma alcuni fedeli ortodossi e loro sudditi. Questi ortodossi reindirizzati verso il Papato formarono quella che oggi si conosce come “Chiesa Uniate“.

Forse ancor più fondamentale risultato dell’arrivo dei bizantini in Italia e soprattutto a Firenze, però, è lo studio dei classici greci e latini che indirizzò la penisola Italia verso la via del Rinascimento.  Il Concilio di Firenze colpì molti grandi artisti dell’epoca che cercarono di trasporre nei loro dipinti i protagonisti di tale evento; il più famoso è “La Flagellazione di Cristo” di Piero della Francesca. Tale dipinto secondo una teoria della massima bizantinista in Italia, Silvia Ronchey, raffigurerebbe la situazione politica dell’epoca.

Il Cristo flagellato rappresenterebbe Costantinopoli assediata dagli ottomani, il cui sultano sarebbe l’uomo col turbante di spalle, scalzo perché in attesa dei calzari del Basileus. Ponzio Pilato è impersonato dall’Imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo seduto, con calzature color porpora, che solo gli Imperatori bizantini potevano portare. Le tre figure sulla destra del dipinto come a raffigurare un’altra scena sarebbero Bessarione, il fratello dell’Imperatore bizantino, Tommaso Paleologo e Niccolò III d’Este, padrone di casa del concilio essendo prima a Ferrara.