Alitalia-Ita: facciamo il punto

Pubblicato il 8 Giugno 2021 alle 13:48 Autore: Marta Contu

L’ultimo di una serie di scioperi derivanti da una crisi economica interna alla compagnia di bandiera che dura ormai da oltre un ventennio. Il 18 giugno, annunciano i sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Ugl Ta, ci sarà uno sciopero che coinvolgerà tutti i lavoratori del settore e di Alitalia.

Alitalia: situazione critica dal punto di vista economico

“Una situazione critica dal punto di vista economico”. Queste sono le parole del commissario straordinario Fava. Una situazione critica che non consentirebbe l’esborso degli stipendi del mese di maggio con tanto di quattordicesima. Un costo complessivo che solo in riferimento agli stipendi si aggirerebbe tra i 22 e 23 milioni di euro. Pertanto la compagnia, in amministrazione straordinaria, avrebbe richiesto una “iniezione” di liquidità da parte dello Stato. Quindi in un primo momento si è ipotizzata l’impossibilità di procedere con il pagamento della seconda metà degli stipendi. Questo, a detta dei commissari straordinari, sarebbe dovuto al fatto che i soldi stanziati con il decreto Sostegni bis (100 milioni di euro) non siano stati ancora accreditati nelle casse della compagnia.

Dopo un confronto con i sindacati, invece, i commissari straordinari hanno garantito che riusciranno a pagare il restante 50% degli stipendi del mese di maggio.

Ita non decolla

Qualcuno sarebbe portato a chiedersi: “Ma la new co Ita?”. Durante la prima ondata di Covid-19 l’allora governo Conte, annuncia la nascita della nuova compagnia di bandiera: Ita (Italia Trasporto Aereo). Ita avrà un fondo di 3 miliardi di euro che serviranno per rinnovare l’intera flotta. Ad oggi il fondo comprende “appena” 20 milioni di euro.  La restante parte verrà erogata in tranches successivamente all’approvazione del dossier Alitalia-Ita da parte dell’UE. L’UE, dal canto suo, inizialmente ha bocciato il piano industriale l’8 gennaio scorso. La nuova compagnia quindi, è ancora una scatola vuota con 39 dipendenti, nove consiglieri di amministrazione e molti consulenti.

Nonostante un’iniziale bocciatura, il 26 maggio si è raggiunta un’intesa di “massima” con la Commissione Europea. Ita dovrà rivedere il piano industriale e formulare un’offerta per l’acquisto del ramo d’azienda di volo di Alitalia. Stando all’ultima versione del piano Ita avrà 47 aerei passeggeri e fra 3.000 e 3.500 dipendenti, rispetto ad un totale di Alitalia di 10.106 dipendenti. Pertanto, rispetto alle dimensioni attuali di Alitalia, si prospetta la nascita di una compagnia più piccola che avrà la metà della flotta di oggi che è pari a 95 aerei.

Quando effettuerà il suo primo volo la nuova compagnia Ita? Impossibile stabilirlo, da maggio 2020 ad oggi non ci son stati che rinvii continui e nubi di incertezze su tutti i fronti. Il decollo quindi appare ancora incerto e lontano.

Una breve panorama della crisi di Alitalia

Fondata nel 1946, Alitalia-Aerolinee Italiane Internazionali opera il primo volo il 5 maggio 1947. La proprietà della compagnia di bandiera, ai tempi era dell’Iri. La partecipazione pubblica negli anni è stata gradualmente ridotta.  A partire dal 1985 la partecipazione statale è scesa all’84,1% del capitale. Nel 1998 la partecipazione è stata ulteriormente ridotta al 53%. Passata in mano al Mef nel 2000, la partecipazione è aumentata fino al 62,4 % nel 2002 per poi essere nuovamente ridotta al 49,9% nel 2005.

A questo punto, considerata la scarsa capacità di stare sul mercato e di far fronte alla concorrenza data dalle low-cost, l’Alitalia viene divisa in due parti. La good company e la bad company. Nel 2008 la CAI compra la good company, mentre la bad company viene messa in amministrazione straordinaria. Ad ogni modo la CAI non riesce a risollevare le sorti dell’azienda, che sarà ceduta al 49% ad Etihad Airways. Ma anche l’ingresso in società dell’Etihad non è servito a risollevare le sorti della compagnia che dal 2017 si trova sull’orlo del fallimento ed in amministrazione straordinaria.

Si consideri inoltre che a partire negli anni lo Stato ha sempre concesso i cosiddetti prestiti-ponte alla società per poter garantire la continuità aziendale. Secondo uno studio condotto dall’Osservatorio CPI a partire dal 1974 al 2018 lo Stato ha speso 10,6 miliardi di euro, di cui la metà spesi a partire dal 2008 e cioè dal momento della privatizzazione.