Busta paga: ricevuta pagamento, perché la firma non è valida

Pubblicato il 3 Novembre 2018 alle 06:30 Autore: Guglielmo Sano
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Busta paga: ricevuta pagamento, perché la firma non è valida

Firma busta paga, perche non vale


Sono molti i pronunciamenti della Cassazione che mettono in chiaro quale sia il valore della firma apposta dal lavoratore su una busta paga. Infatti, a più riprese gli alti giudici hanno affermato il principio che le buste paga sottoscritte dal lavoratore con formula “per ricevuta” costituiscono solo la prova dell’avvenuta consegna del documento e non, invece, dell’avvenuto pagamento.

Quest’ultimo, insomma, dovrà essere provato dal datore di lavoro in un altro modo. In sostanza, nel nostro ordinamento si sancisce l’impossibilità di presumere la corrispondenza tra retribuzione riportata in busta paga e retribuzione effettivamente ricevuta. Dunque, chi effettua i pagamenti deve assicurarsi di possedere e poter mostrare in caso di accertamento una documentazione che attesti in modo preciso e puntale le somme erogate.

Busta paga: il valore della firma

In teoria, si potrebbe aggirare il problema facendo firmare al lavoratore “per quietanza“. Ciò perché la quietanza – visto che si fornisce in luogo di una prestazione – attesta il ricevimento contestuale della retribuzione. D’altra parte, tale strumento appartiene ormai al passato. Dal primo luglio 2018 le regole sono cambiate. Qual è il maggiore elemento di novità? Lo stipendio deve essere accreditato tramite bonifico. Poche le eccezioni previste dalla legge. Per esempio, non è necessario adempiere a tale obbligo nel caso dei lavoratori domestici. In pratica, la busta paga non ha alcun valore legale che sia “per ricevuta” o “per quietanza”, che sia firmata o meno. Perciò solo la documentazione bancaria può attestare l’effettivo pagamento di un lavoratore.

L’obbligo è stato introdotto per evitare il fenomeno per cui ad una certa somma riportata in busta paga non corrispondeva quella erogata nella realtà. D’altro canto, il malcostume – senza segnalazione comprovata del lavoratore – è difficile da estirpare visto che è possibile comunque erogare la somma riportata in busta paga ma poi richiederne in parte la restituzione.

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L'autore: Guglielmo Sano

Nato nel 1989 a Palermo, si laurea in Filosofia della conoscenza e della comunicazione per poi proseguire i suoi studi in Scienze filosofiche a Bologna. Giornalista pubblicista dal 2018 (Odg Sicilia), si occupa principalmente di politica e attualità
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