Midterm 2022, come i pro Trump si stanno prendendo il GOP

Pubblicato il 11 Luglio 2021 alle 13:48 Autore: Michele Melega

A poco più di un anno dal novembre delle elezioni di midterm 2022 il Partito Repubblicano appare sempre più ostaggio della sua ala pro Trump.

I nuovi repubblicani

Anche se mancano ancora molti mesi all’appuntamento elettorale, i partiti americani hanno cominciato a selezionare i propri candidati per le varie cariche in palio. Nel Partito repubblicano stanno emergendo candidati pro Trump che, in molti casi, sostengono la teoria delle frodi alle presidenziali 2020.

Queste candidature stanno prendendo forza soprattutto negli Stati più contesi nel 2020, come l’Arizona o il Michigan, e negli Stati in cui politici repubblicani hanno votato a favore dell’impeachment di Trump, come in Wyoming e in Georgia.

Il ruolo di The Donald

Donald Trump è il principale motore di queste candidature ed è sempre più leader del GOP, il quale si sta spostando sempre più a destra. Proprio per questo i candidati repubblicani per le cariche statali o federali si appiattiscono sempre di più sulle teorie dell’ex presidente. La tesi dei brogli elettorali continua ad essere molto gettonata.

Chi sono i nuovi repubblicani

Oramai sono decine i candidati che la promuovono e tutti sperano nell’appoggio diretto di Trump durante le primarie e le elezioni di novembre 2022.

Molti di questi candidati sono alla loro prima esperienza politica, hanno come slogan “America First”, si definiscono patrioti si vantano del loro servizio militare.

La situazione al Congresso

Ci sono quasi 700 repubblicani che hanno presentato i documenti necessari per candidarsi alla Camera dei rappresentati o al Senato. Di questi, almeno 136 hanno votato contro la certificazione della vittoria di Biden dello scorso anno.

La situazione negli stati

A livello statale, invece, ci sono circa 600 repubblicani già in corsa per l’elezione, e di questi circa 500 ha buone possibilità di essere eletti. Tra questi, moltissimi sostengono le teorie cospirazioniste di Trump e almeno 16 di loro hanno partecipato all’assalto al Campidoglio del 6 gennaio scorso.

Alcuni di questi candidati sfideranno politici GOP in carica da molto tempo, come nel caso di Chuck Gray nel Wyoming, che sfiderà la rappresentate uscente Liz Cheney. Cheney aveva votato a favore dell’impeachment di Trump e lo aveva denunciato come fomentatore della rivolta di gennaio.

Anche in Virginia un candidato pro Trump e semi-sconosciuto, Wren Williams, ha battuto alle primarie per un seggio alla camera statale un deputato di lungo corso. Williams si è fatto conoscere per aver giurato di aver visto prove di brogli elettorali mentre lavorava come avvocato per la campagna elettorale di Trump.

La strategia di Trump

Secondo molti analisti le candidature di questi personaggi sono l’ultimo tassello di una strategia di Trump per estromettere dalle posizioni di vertice tutti quelli che, nel partito, gli sono ostili. Lo stesso ex presidente ha minacciato più volte di punire chi, tra i repubblicani, non avesse sostenuto la sua teoria della frode elettorale. Per questo motivo il Partito repubblicano appare sempre più ostaggio della sua ala pro Trump.

Questo atteggiamento non solo ha portato nuove figure a candidarsi, ma ha fatto anche riposizionare alcuni amministratori storici del partito che, temendo di perdere la propria carica, hanno sposato in pieno l’ideologia trumpiana.  Un esempio è Jody Hice, rappresentante alla Camera per la Georgia, che per ottenere la rielezione ha cominciato a sostenere la tesi dei brogli elettorali. Hice si dice per nulla convinto della vittoria di Biden nel proprio Stato.

I timori della vecchia guardia del GOP

I repubblicani più moderati (e i democratici) temono l’emergere di questi nuovi politici e il loro sostenere la “Grande Bugia”. Il rischio è che nei vari livelli di governo queste figure vicine all’ex presidente possano ostacolare il processo elettorale o alterare il risultato stesso delle elezioni.

Se dovessero essere cambiate le leggi dei vari Stati riguardanti il processo di certificazione dei risultati elettorali, o se al congresso venissero eletti molti sostenitori delle tesi di Trump, gli esiti delle prossime elezioni potrebbero essere alterati e le stesse potrebbero non essere libere o trasparenti.