Contratto tempo determinato o indeterminato: quali vincoli o penali ci sono

Pubblicato il 17 Marzo 2019 alle 15:00 Autore: Claudio Garau

Contratto a tempo determinato o indeterminato: quali sono i vincoli, le regole e le penali per datore di lavoro e lavoratore.

Contratto tempo determinato o indeterminato,quali vincoli o penali ci sono
Contratto tempo determinato o indeterminato: quali vincoli o penali ci sono

Stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato o indeterminato comporta il rispetto di regole civilistiche sin dal momento della sottoscrizione di esso, da parte di datore di lavoro e da parte del dipendente. Vediamo di chiarire quando un accordo di questo tipo deve definirsi valido e vincolante, in quanto agli effetti per i contraenti.

Contratto a tempo determinato ed indeterminato: quali elementi lo rendono vincolante

Brevemente, al fine di inquadrare l’oggetto della questione, è meglio spendere qualche parola sugli elementi che rendono, per legge, un contratto di lavoro valido e vincolante per le parti. Tali elementi, definiti essenziali, sono oggetto (l’attività specifica di lavoro, il contenuto del contratto); causa (la ragione giustificativa del contratto, ovvero lo scambio tra prestazione del lavoratore e retribuzione) e consenso dei contraenti. La presenza di tutti questi requisiti determina la validità del contratto e il suo essere vincolante. La mancanza anche di uno solo, invece, dà luogo a nullità ed invalidità del contratto.

Circa la forma scritta, la legge non dice che è essenziale; però chiaramente, è opportuno utilizzarla, al fine della prova dell’esistenza del rapporto (per esempio in caso di controversia in tribunale).

Contratto a tempo determinato o indeterminato: ulteriori condizioni di validità e vincolatività

La legge però, al fine di tutelare appieno le figure di un rapporto di lavoro, prevede ulteriori requisiti, per questa specifica tipologia di contratto. Il lavoratore, per esempio, deve essere almeno sedicenne e inoltre debbono essere rispettate tutte le regole in merito al lavoro minorile. Il datore di lavoro deve essere maggiorenne e la volontà espressa dalle parti non deve essere viziata o pregiudicata da errore, violenza o dolo. La causa del contratto, ovvero lo scambio tra prestazione del lavoratore e paga del datore di lavoro, deve essere lecita; cioè conforme alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume.

Contratto a tempo determinato o indeterminato: casi di nullità e annullabilità

Non sempre però un contratto di lavoro, anche se redatto in forma scritta, ha valore per le parti; talvolta infatti può essere nullo, sin dalla sua stesura e sottoscrizione. La legge sancisce che laddove, per esempio, siano mancanti oggetto o causa oppure sono illeciti, il contratto non produce effetti e non ha valore giuridico per le parti. In altri casi, invece, il contratto è annullabile; e ciò si verifica quando, ad esempio, sussistono vizi del consenso (un’ipotesi è un contratto concluso sotto minaccia di lesioni fisiche). Anche un contratto firmato sulla base di un curriculum falso darà luogo ad annullabilità (è un caso di dolo).

Contratto a tempo determinato o indeterminato: le trattative e l’ipotesi di risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale

A questo punto, è abbastanza chiaro che, una volta che un contratto sia stato firmato e sia da considerare valido, esso emana i suoi effetti sulle parti in modo vincolante. Chiaramente la durata degli effetti è da considerarsi limitata nella sola ipotesi di contratto di lavoro a tempo determinato. È vero però che i vincoli possono scaturire anche nella fase delle cosiddette trattative, preliminari al contratto effettivo. Ciò in quanto il legislatore prevede che datore di lavoro e lavoratore debbono comportarsi secondo correttezza e buona fede sin dallo svolgimento delle trattative. La finalità di questa norma è impedire che sia perso del tempo in trattative inutili. È in gioco quella che in gergo è definita responsabilità precontrattuale.

Pertanto, laddove le trattative siano addivenute quasi a conclusione positiva, e una delle parti all’improvviso recede e viene meno agli impegni precontrattuali, l’altra ha diritto di richiedere il risarcimento del danno in tribunale. È il caso, ad esempio, di chi ha rinunciato ad un altro lavoro, per trattare con un datore di lavoro che poi all’ultimo cambia idea.

Contratto a tempo determinato o indeterminato: quando la lettera di impegno all’assunzione è vincolante

Esiste, nel diritto del lavoro, l’ipotesi della lettera di impegno all’assunzione. Essa ha funzione di contratto preliminare al contratto effettivo. Ed è vincolante, per legge, laddove sia sottoscritta da datore di lavoro e futuro dipendente. Essa pertanto stabilisce delle obbligazioni in capo alle parti: se il datore non rispetta quanto concordato o il lavoratore alla fine rifiuta l’incarico, scatta la possibilità del risarcimento danni. Inoltre, in una causa in tribunale, il lavoratore – oltre al risarcimento danni – ha diritto anche ad una sentenza che imponga in pratica l’assunzione o, alternativamente, la risoluzione del contratto.

Contratto a tempo determinato o indeterminato: quando vale il diritto di recesso e le penali

A questo punto, un po’ di chiarezza circa le ipotesi in cui è possibile esercitare il diritto di recesso dal contratto di lavoro. Anzi tutto esso vale in caso in cui le parti si siano accordate per il patto di prova, finalizzato a capire se c’è convenienza al rapporto. In tale periodo di prova, il recesso è libero e senza preavviso, per ambo le parti e non comporta quindi penali.

In diversi altri casi tassativi fissati dalla legge, il recesso è possibile. Ad esempio, in caso di licenziamento imposto dal datore di lavoro, oppure in caso di dimissioni del lavoratore o per scadenza del contratto a tempo determinato. Nelle circostanze in cui, per le ipotesi suddette, sia previsto il preavviso, esso è da rispettare, pena il pagamento di una somma titolo di penale. Esiste poi la possibilità che le parti si accordino per il cosiddetto patto di stabilità, con cui scatta l’impegno a non recedere, per un certo lasso di tempo, altrimenti – anche in queste circostanze – vi sarebbe obbligo di pagare una penale.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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