Strage in Nuova Zelanda. Perché Tarrant decide di difendersi da solo

Pubblicato il 18 Marzo 2019 alle 16:06 Autore: Michele Mastandrea

Le reazioni istituzionali in Nuova Zelanda e le decisioni della premier neozelandese Ardern. L’ideologia del suprematismo bianco tra storia e attualità.

Strage in Nuova Zelanda. Perchè Tarrant decide di difendersi da solo
Strage in Nuova Zelanda. Perché Tarrant decide di difendersi da solo

A pochi giorni dalla brutale strage suprematista di Cristchurch, Nuova Zelanda, arrivano le prime risposte all’opinione pubblica da parte delle istituzioni del paese oceanico. La premier Jacinda Ardern ha promesso che in pochi giorni proporrà modifiche all’attuale regolamento sul possesso di armi da fuoco.

Inoltre, la stessa Ardern ha annunciato l’apertura di una inchiesta sui servizi segreti nazionali. Questi ultimi non avevano infatti mai realizzato la schedatura del suprematista bianco australiano Brendon Tarrant, autore della strage.

Strage in Nuova Zelanda: un attentato premeditato

Tarrant affronterà a partire dal prossimo 5 Aprile il processo a suo carico. Dovrà presentarsi di fronte all’Alta Corte della Nuova Zelanda. Di fatto, il terrorista rivendica totalmente il suo comportamento. Lo ha riferito l’avvocato d’ufficio Richard Peters, che ha accompagnato Tarrant in aula sabato. Per Peters, riguardo all’interrogatorio affrontato dopo i fatti, “Tarrant era lucido e sembrava apprezzare quello che stava affrontando”.

Peters stesso poi ha comunicato la decisione di Tarrant di licenziarlo, al fine di gestire in autonomia il suo processo. Secondo il New Zealand Herald, la mossa potrebbe essere stata ispirata dalla figura di Anders Breivik.

Seguendo proprio l’esempio di Breivik, la volontà di Tarrant potrebbe essere quella di trasformare il suo caso in uno strumento di propaganda dell’ideologia suprematista. La stessa decisione di Tarrant di trasmettere in diretta la sua azione su Facebook e Twitter permetterebbe di rendersi conto della profonda politicità e premeditazione del gesto.

Tarrant non è certo un folle, ha dichiarato Peters. Non vuole che venga oscurato il suo nome dai resoconti dell’accaduto. Inoltre, non ha colpito a caso. Infatti, le vittime erano migranti o rifugiati provenienti da paesi come Pakistan, Indonesia, India, Malesia, Turchia, Afghanistan, Somalia e Bangladesh. Ad oggi sono 50 le vittime confermate. Ma tante altre persone che in quel momento stazionavano nelle moschee di Al Noor e al Centro Islamico di Linwood sono in gravi condizioni.

L’attentato in Nuova Zelanda è purtroppo solo l’ultimo episodio di violenza suprematista bianca e anti-musulmana.

Lo stesso Tarrant ha citato personaggi Dylan Roof, Anton Lundin Pettersson e Darren Osbourne tra i suoi ispiratori. I nomi sono riportati all’interno di un testo di 73 pagine intitolato “The Great Replacement” e pubblicato poco prima di entrare in azione.

Strage in Nuova Zelanda: l’ideologia suprematista bianca e il manifesto di Tarrant

Ispirato alle teorie dello scrittore francese Renaud Camus, l’idea della “Grande sostituzione” è un tema classico del suprematismo internazionale. Spesso anche associato all’etichetta di “piano Kalergi”, gli aderenti a queste teorie leggono nell’influsso migratorio in Europa una sorta di “genocidio bianco”.

Nel documento compaiono anche il già citato Anders Breivik e Luca Traini, l’attentatore di Macerata con un passato in una sezione locale della Lega Nord. Tarrant nella sua rivendicazione ha citato anche Carlo Martello, protagonista della battaglia di Poitiers, e Sebastiano Venier, attore decisivo nella battaglia di Lepanto. Entrambi eventi storici in opposizione all’espansione musulmana in Europa.

Tarrant sembrerebbe aver dunque agito all’interno di una precisa analisi politica e storica. Quanto avvenuto in Nuova Zelanda è la più grande strage nei confronti di musulmani mai registrata nel mondo occidentale. In particolare negli Usa, in Canada e in Gran Bretagna, questo tipo di attacchi è purtroppo in crescita costante.

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L'autore: Michele Mastandrea

Nato nel 1988, vive a Bologna. Laureato in Relazioni Internazionali all'università felsinea, su Termometro Politico scrive di politica estera ed economia.
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