Le deposizioni di Blair sull’Iraq

Pubblicato il 1 Febbraio 2010 alle 22:04 Autore: Livio Ricciardelli
un attentanto in Iraq

Col passare del tempo forse si è riusciti a configurare meglio il problema: fermo restando che ciò che avvenne in Iraq fu uno scandalo e che i principali interessi da parte delle potenze occidentali riguardavano e tuttora riguardano le risorse petrolifere, è anche giusto considerare l’operato di Blair in un’ottica quasi “non-europea”. Non tanto perché egli si è avvicinato a Washington e allontanato dall’asse Parigi-Berlino, ma perché la tradizione politica britannica e la sua conseguente visione della politica estera porta ad un certo tipo di “interventismo”, questo sì “senza se e senza ma”, che non risparmia neppure quelle forze che invece dovrebbe essere fautori di un modo pacificato a basato sul multilateralismo (il Partito Laburista, per quanto partito di  centro-sinistra, è assolutamente una forza politica ben diversa da quelle socialiste continentali, ed una macroscopia prova di ciò fu il periodo della guerra fredda che vide un Labour Party fortemente anticomunista tanto da non necessitare di alcuna forma di “Bad Godesberg”). Basti pensare che sul conflitto iracheno si registrò un consenso da parte sia dei Conservatori che dei Laburisti (anche se molti deputati e qualche ministrò si dimisero dal partito per l’iniziativa del loro primo ministro), con la sola significativa eccezione dei Liberaldemocratici.

Senza limitarci a dire che Blair ha sbagliato, e che continua a sbagliare quando non rinnega ciò che per lui appare evidentemente non rinnegabile, forse ora abbiamo compreso cosa lo ha spinto ad agire e ad agire in quel modo. O almeno, lo abbiamo compreso parzialmente (non possiamo entrare nelle menti ltrui).

Non sarà la risposta definitiva e non spiega molte altre controversie della politica di Blair, come quando dichiarò di sostenere, nel corso della campagna presidenziale del 2004, la rielezione del repubblicano Bush contro il progressista Kerry. Ma senza dubbio può essere utile per capire al meglio non solo il “Blair pensiero”, ma anche cosa ci rende così diversi, e per certi versi così simili, alle istituzioni e alla visione della “perfida Albione”.

L'autore: Livio Ricciardelli

Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche presso l'Università Roma Tre e giornalista pubblicista. Da sempre vero e proprio drogato di politica, cura per Termometro Politico la rubrica “Settimana Politica”, in cui fa il punto dello stato dei rapporti tra le forze in campo, cercando di cogliere il grande dilemma del nostro tempo: dove va la politica. Su Twitter è @RichardDaley
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