A proposito di Salvini

Pubblicato il 6 Giugno 2019 alle 17:03 Autore: Nicolò Zuliani
Che ridere Salvini, che buona quest’eroina

Salvini potrebbe pure dire che l’acqua è bagnata, il popolo dell’Internet ci farebbe ugualmente ironie. È proprio grazie a questo che la Lega è passata dal 17% al 36,5% in pochi mesi: chi non lo vota passa le giornate a lavorare per lui facendogli pubblicità, rendendolo agli occhi degli elettori un bullizzato dagli invidiosi. È lo stesso principio grazie a cui Berlusconi ha regnato per 20 anni. I suoi detrattori sanno bene di fare il suo gioco ma non riescono a trattenersi, alla stregua di tossicodipendenti.

Abbiamo visto di tutto, in questi mesi

Per sfogare i due minuti d’odio abbiamo letto i farneticanti deliri de Linkiesta in cui Salvini “attraversa una fase orale”, poi derisioni perché gli viene male la pizza fatta in casa, perché si fa stirare la camicia dalla Isoardi, acuti commenti su di lui in spiaggia con la pancetta. Che risate, oh. E ancora le felpe, l’ovetto, la pastasciutta, i fotomontaggi, gli striscioni, i cartelli e i soprannomi, Il capitone, Felpino, il troglodita, Cerasa addirittura lo chiama “il truce” (gioco di parole col Duce, haha, capito?) perché Salvini è grezzo e brutto rispetto a quelli che frequentano Capalbio (Lega al 42%), o il festival del giornalismo a Perugia (Lega al 38%). E quando fai loro notare quanto tutto questo sia controproducente, reagiscono proprio come tossici.

S’incazzano come bestie

Salvini non vende la sua politica; vende sé stesso. Lui e il suo staff conoscono e capiscono il popolo italiano fuori dai centri storici. Conoscono le sue passioni, i suoi modi, i luoghi di ritrovo, le abitudini, i punti deboli, i loro costumi e la loro dialettica. Del resto, se vuoi che ti eleggano loro rappresentante, è il minimo che devi fare. Lo faceva anche Berlusconi, a suo modo, perché era un venditore; capiva che per vendere (o vendersi) a qualcuno, la prima regola è non umiliarlo o farlo sentire inferiore. Come dice Immanuel Casto, se sei più alto tocca a te inginocchiarti a parlare con chi è più basso.

L’Italia e le case degli italiani le ho girate tanto, nella mia vita.

A volte per lavoro, a volte per musica o piacere. Tri o bilocali arredati con bottiglie di birra vuote, scudetti della squadra, cornici a giorno con le foto in bianco e nero della cresima stampate a casa, camere da letto ridotte a magazzino, camicie stirate per l’occasione, odore di cane e pesce fritto, libri da autogrill, scacciaspiriti, teli etnici, mobili Ikea, mozziconi nelle noci di cocco, copridivani lisi, il servizio buono sotto teca, le pattine all’ingresso e che puliscono dove passa il prete. Ho pranzato, cenato, dormito, fatto l’amore, litigato, in case così.

Sono case di persone qualsiasi con stipendi medi, che preferiscono non pagare una donna delle pulizie per poter andare il fine settimana da qualche parte, magari in campagna, o a mangiare fuori. Che dopo aver fatto un lavoro pesante si svaccano sul divano a guardare Striscia la notizia e sognare le ferie, e si addormentano sognando di aprire un chiringuito ai Caraibi o in Spagna. Si sono sposati in chiesa perché si vergognano a dire che loro, un po’, sperano che dopo morti rivedranno i loro vecchi. Sopportano le loro sfortune con droga, psicofarmaci, televisione e qualche flirt sul luogo di lavoro. Fanno la spesa in autogrill perché finiscono di lavorare troppo tardi.

Non capisco perché chi sta meglio disprezza chi sta peggio

È come se la miseria fosse diventata un crimine. Come se in Italia non esistessero persone svantaggiate e persone privilegiate. L’odio feroce e il disgusto che i giornalisti – e certe persone di sinistra – provano nei confronti della maggioranza del paese è la causa della propria rovina. Togliatti, Berlinguer, Gramsci, conoscevano il popolo, lo capivano e volevano rappresentarlo per migliorarlo. Istruirlo, addirittura. Forse erano ottimisti, idealisti, ma i braccianti, gli operai, le università, i giovani li seguivano e rispettavano. Oggi chi è di sinistra chiama il popolo sovranisti, populisti, pronunciando quelle parole come fossero sputi. Dà loro dei razzisti e dei fascisti, li crede psicologicamente inferiori e cattivi.

E qualcuno ne trae enorme vantaggio.

Ma non è così.

Gli italiani sono un popolo capace di cambiare idea, hanno solo bisogno di una nuova guida che invece di dirgli “falliti di merda, fate schifo”, gli dica “raga, io vengo da dove venite voi, parlo come voi, e credo che ci stiano pigliando per i fondelli”. Oppure teniamoci la sinistra che gioca a omeopatizzarsi per decidere chi è meno razzista dell’altro, e i giornalisti che sfottono la pizza fatta in casa, le felpe, il sugo già pronto, senza rendersi conto che stanno sfottendo l’80% della popolazione. Quella che una volta comprava i giornali e stimava i giornalisti perché “gli spiegavano le cose”, e oggi li considera meno della merda preferendo informarsi su Facebook.

Restare in negazione, sfotterli e insultarli ha portato Salvini al 36,5% and running. Sono quasi 22 milioni di persone, a cui si aggiungono i 10 milioni e mezzo del M5S. Se la situazione del mio quartiere non mi piace e devo scegliere tra due leader, uno mi dice che sono un “fallito di merda” e l’altro mi chiama “figlio da sfamare”, secondo voi da chi vado?

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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