Ergastolo e dintorni

Pubblicato il 14 Giugno 2019 alle 16:18 Autore: Nicolò Zuliani
Ergastolo e dintorni

In periferia li vedi partire fin da bambini. Nascono in famiglie devastate, crescono abbandonati a sé stessi, vedono violenza, droga, rabbia, imparano meccanismi mentali e psicologici sbagliati. Di solito già a dodici-tredici anni preferiscono girare con ragazzi più grandi, simili a loro, che li portano a fare pestaggi a sorpresa, piccoli furti, rapine a negozietti cinesi, finché ci scappa il morto.

È una storia eterna, raccontata da scrittori e registi.

Di quel gruppo arriva ai vent’anni la metà. Alcuni finiscono sotto le ruote di un camion mentre vanno in scooter sbronzi, altri fanno un’overdose, altri finiscono ammazzati o si suicidano. Ogni generazione, in ogni città di provincia, ha un gruppo così. Di solito maschi, ma anche femmine. Sono rimasto a Mestre abbastanza per vedere il vecchio e il nuovo gruppo. Ho visto i leader che giravano le sale giochi pestando e rapinando diventare rottami, bullizzati e rapinati dai novellini.

Li ho visti passare dall’avere tutte le donne possibili al supplicare le prostitute sul Terraglio. I più fortunati sono finiti in carcere tra le grida di cittadini che invocavano punizioni corporali e pene capitali, le stesse grida che quei ragazzini sentivano a casa.

L’Italia ha un’idea di giustizia che piace a fasi alterne

Il carcere, per noi, non serve a punire; serve a rieducare. Lo Stato italiano crede nella seconda possibilità, crede nella redenzione e nel fatto che l’essere umano sia capace, se lo vuole, di migliorare. E che quella volontà vada premiata. Questo concetto non è applicabile ad alcuni, ma a tutti. Anche agli assassini. C’è sotto una riflessione filosofica enorme che ho i brividi all’idea di affrontare, perché arrivi a toccare i pilastri su cui si fondano concetti come Stato, comunità, giustizia.

Fino a ieri, da noi esisteva l’ergastolo ostativo

Si tratta di ergastolo a vita, senza possibilità di riabilitazione o redenzione. Una volta che sei dentro ci resterai per sempre, indipendentemente dal tuo percorso interiore. Potresti diventare un uomo buono, con tre lauree, una condotta eccelsa ed essere una persona completamente diversa, ma non potrai mai uscire da quelle mura. Sei condannato a vivere per sempre quello che eri a sedici anni. Anche se ne hai trenta, o cinquanta. Sarai circondato per tutta la vita da persone che con te non hanno più nulla a che spartire. Nel gergo del carcere si chiamano uomini ombra. Il primo e il più famoso è Carmelo Musumeci, di cui ho letto un paio di libri.

Ieri la corte di Strasburgo ha stabilito che l’ergastolo ostativo è una punizione inumana

E io sono d’accordo, perché ho conosciuto gente che è stata in galera. Alcuni li conoscevo prima, altri me l’hanno raccontato dopo. A volte ubriachi mentre gli facevo da bere, altri mentre lavoravamo insieme. Hanno uno sguardo, gestualità, modo di parlare e di lavorare che te li fa riconoscere: sembrano bambini. Si emozionano, ridono, per cose da bambini, come se a quarant’anni vivessero quell’infanzia che hanno saltato quando avrebbe dovuto esserci.

Carmelo è uscito con le sue tre lauree, i suoi libri, e dice che ora non scriverà più perché è felice. “E se sei felice di cosa scrivi?”, dice.

Gli auguro di scoprirlo.

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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