La dialettica della folla, 2019

Pubblicato il 4 Luglio 2019 alle 19:05 Autore: Nicolò Zuliani
La dialettica della folla, 2019

Abbiamo visto tutti il video di Zuckerberg davanti alla commissione di qualche tempo fa. È diventato un meme ed è passato alla Storia come l’immagine dello studente che ne sa più del professore. Mi sono chiesto quanto siamo consapevoli di quello che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. Dalla retorica all’immagine, la tecnologia ha plasmato il nostro modo di guardare, di parlare e di pensare. Prima della nascita di Internet era l’opposto. La tecnologia serviva a farci creare, ora è la tecnologia a creare noi.

Prendete una cena a casa di amici

Per chi non vive in 40mq, almeno

Quando ci volevamo scambiare aneddoti di vita o curiosità, dovevamo raccontarle. È una delle attività più vecchie del mondo, alcuni dicono sia il motivo per cui è nata la parola. Oggi non serve: tiriamo fuori il telefono e le mostriamo. Questo ci ha disabituati a raccontare un avvenimento con parole nostre, e il non saper comunicare qualcosa rende anche difficile immaginarlo. La neolingua di Orwell, senza un mastermind dietro. Adesso non serve imparare a comunicare dal vivo, ma saper portare contenuti validi.

L’immaginazione è un muscolo

Togliamo dal tavolo la capacità di visualizzare qualcosa e all’improvviso diventerà eterea, un concetto senza significato che ha una connotazione positiva o negativa in base non alla nostra esperienza e nemmeno alla nostra capacità di visualizzare, o empatizzare, con un concetto o un contesto. Le cose diventano positive o negative in funzione dei like e delle condivisioni, indipendentemente dal fatto che siano legali, etiche o meno. Tutto si appiattisce in un unico brodo dove la violenza finta è anche reale, e guardare un filmato dell’Isis ci lascia la stessa strana sensazione di un film splatter, o di una cutscene di un videogioco con una buona grafica.

Forse non è un caso, se riprendiamo le cose

Da anni, ormai, che sia a un concerto o mentre assistiamo a una rissa, il primo istinto è quello di tirare fuori il telefonino e osservare la scena attraverso di lui. Ci sono stati casi agghiaccianti in cui qualcuno aveva bisogno di aiuto e attorno era circondato da zombie che guardavano attraverso l’obiettivo senza fare nulla. C’è chi paga somme notevoli per poi guardare un concerto dal proprio telefonino. Forse il motivo è che abbiamo bisogno di vederlo lì dentro per sentirlo reale. Perché non sapremmo raccontarlo, e fin dalla preistoria se non sai raccontare qualcosa, quella cosa non è mai esistita.

Fa ridere, a vederlo nei media

A una popolazione abituata a guardare crudeltà e scene orrende, bisogna scrivere “queste immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità”. Ma quale? Che tipo di sensibilità, basata su quale esperienza, o empatia? La folla non cambia mai, viceversa Internet sì. Ed evolve stringendo piano piano le dita attorno alla carotide della nostra capacità di immaginare, empatizzare, sentire la vita che è in noi e che ci circonda. Un declino della fantasia che poi ti esplode in faccia quando magari guardi la prima versione di Dumbo, con gli elefanti rosa, e ti trovi a domandarti “ma come gli è venuto in mente”?

Raccontando.

Un’idea che porta a un’altra idea, fino a un cammello che diventa una piramide che esplode e diventa due elefanti che pattinano nel ghiaccio.

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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