Abbandono tetto coniugale: reato, addebito separazione e figli minorenni

Pubblicato il 7 Agosto 2019 alle 08:30 Autore: Claudio Garau

Abbandono tetto coniugale: di che si tratta, quando è consentito e quando invece ha conseguenze, sul piano civilistico e penalistico.

Abbandono tetto coniugale reato, addebito separazione e figli minorenni
Abbandono tetto coniugale: reato, addebito separazione e figli minorenni

L’abbandono tetto coniugale non è un comportamento privo di conseguenze, a livello giuridico. Infatti, oltre ad essere espressione di un legame matrimoniale ormai molto affievolito, costituisce violazione di uno degli obblighi che sorgono dal vincolo matrimoniale. Vediamo allora che succede in questi casi.

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Abbandono tetto coniugale: di che si tratta? quando è legittimo?

D’altra parte, il matrimonio – da un punto di vista squisitamente legale – è e resta un contratto tra i coniugi e l’abbandono del tetto coniugale, ovvero il comportamento dato dall’allontanamento dall’abitazione familiare – sia nel caso ci sia prole sia nel caso non ci sia – concretizza la fine della coabitazione matrimoniale, vale a dire un dovere sancito dal legislatore. Ma non sempre l’abbandono del tetto coniugale costituisce un illecito. Ci sono dei casi in cui tale ipotesi è assolutamente legittima, in quando fondata su motivi meritevoli di tutela da parte della legge. Occorre però che questi motivi siano provati, all’occorrenza, in tribunale. Per esempio validi motivi di abbandono del tetto coniugale sono dati dal comportamento violento dell’altro coniuge, oppure l’infedeltà. Insomma, il coniuge che se ne va, dovrà dimostrare l’intollerabilità della prosecuzione del legame matrimoniale con la convivenza in casa. A questo punto vediamo quali sono le conseguenze nel caso l’abbandono in oggetto non sia adeguatamente giustificato.

Quali sono le conseguenze civili e penali dell’abbandono

A conferma della gravità del comportamento in oggetto, il legislatore ha previsto sanzioni per esso, sia su un piano civile, che su un piano penale. Laddove non sia un abbandono giustificato, infatti, avremo anzitutto l’applicazione dell‘art. 143 del Codice Civile (“Diritti e doveri reciproci dei coniugi“), in cui si fa espresso riferimento al dovere di coabitazione. Se violato, scatterà – dal punto di vista civilistico – la separazione con addebito (mancando la cosiddetta “giusta causa”), con le relative conseguenze economiche, come ad esempio la perdita del diritto all’assegno di mantenimento. Ma non è finita qui: ci sono conseguenze anche di diritto penale.

Infatti, nei casi di abbandono tetto coniugale, rileva anche l’art. 570 del Codice Penale (“Violazione degli obblighi di assistenza familiare“), il quale sancisce: “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da Euro 103,00 a Euro 1.032,00″. E la stessa Corte di Cassazione ha espressamente parlato, per la sussistenza del reato in oggetto, di un allontanamento che sia ingiustificato, ovvero non meritevole di tutela da parte della legge.

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Circa la questione figli (minorenni), essa ha una rilevanza, in qualche modo, “relativa”, dato che, dal punto di vista penalistico, il reato di abbandono del tetto coniugale si configura non soltanto laddove ci sia prole (minorenne), ma anche laddove semplicemente il soggetto che se ne va, in modo ingiustificato, non garantisce alla propria famiglia – anche composta dal solo partner – il rispetto dell’obbligo di assistenza familiare, in modo da poter vivere dignitosamente. In conclusione, l’abbandono del tetto coniugale, nei casi in cui non sia giustificato, è capace di produrre conseguenze civile e penali, sia in presenza di figli sia in loro mancanza: il legislatore infatti lo punisce, in quanto essenzialmente violazione dell’obbligo di assistenza al coniuge e all’obbligo di coabitazione.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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