Rata finanziamento non pagata: interessi, sanzioni e cosa accade

Pubblicato il 9 Agosto 2019 alle 19:05 Autore: Claudio Garau

Rata finanziamento non pagata: quali sono gli interessi, le sanzioni e come l’autonomia contrattuale è limitata dalla legge, a tutela del privato.

Rata finanziamento non pagata: interessi, sanzioni e cosa accade

Potrebbe capitare a chiunque che, per difficoltà economiche momentanee o contingenti o per un addebito in conto corrente non andato in porto, non sia possibile pagare una rata finanziamento alla propria finanziaria di riferimento. Vediamo allora cosa la legge prevede per queste circostanze e quali regole entrano in gioco.

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Rata finanziamento non pagata: l’autonomia contrattuale, le circostanze concrete e il possibile pignoramento

Il debitore, nei casi di una rata finanziamento non pagata, potrebbe anche risolvere egli stesso il disguido creato, ed in tempi brevi. In pratica ravvedendosi e pagando, evitando così il rischio di sanzioni come gli interessi moratori o, addirittura, la revoca dell’intero finanziamento accordato dalla finanziaria, con il correlato e gravoso dovere di restituire quanto prestato.

In verità, vertendosi in materia di rapporti negoziali tra privati, vige, anche in materia di prestiti e rata finanziamento, il principio di autonomia contrattuale (art. 1322 del Codice Civile), il quale stabilisce espressamente: “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge“. Pertanto la società finanziaria è in grado di regolare, secondo il suo interesse, i rapporti contrattuali con i clienti, disciplinando con apposite clausole del contratto di prestito, le conseguenze di una rata finanziamento non pagata. D’altra parte però la legge vigente ha determinato dei limiti a questa autonomia, tali da costituire una forma di tutela per i clienti consumatori, che non rischiano quindi di trovarsi in un “vicolo cieco”.

C’è comunque l’oggettivo rischio, per il cliente, di subire interessi moratori (già menzionati però nel contratto di prestito) solitamente superiori di qualche punto rispetto a quelli ordinari, relativi alle rate pagate rispettando le scadenze. Gli interessi moratori, ad ovvio ed esclusivo vantaggio della società finanziaria, scattano dal giorno successivo alla scadenza della rata finanziamento (un solo giorno di ritardo è quindi sufficiente per la sanzione). Come anticipato però, se le rate non pagate sono diverse e pertanto si delinea l’insolvenza del cliente, la finanziaria può applicare l’ulteriore sanzione della revoca del prestito: in pratica un’ipotesi di risoluzione unilaterale del contratto. Tale strumento permette all’ente che ha prestato, di richiedere la restituzione delle rate restanti con gli interessi, in una unica soluzione, assai gravosa per il cliente debitore. Laddove il privato non riesca a trovare le somme necessarie a saldare tutto il debito, la società finanziaria avrà diritto a rivolgersi ad un giudice per ottenere un decreto ingiuntivo. Tale provvedimento potrà essere oggetto di opposizione da parte del debitore, oppure potrà comportare finalmente il pagamento dovuto. In mancanza, scatterebbe la procedura del pignoramento dei beni del cliente insolvente.

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Le tutele della legge in proposito

Tuttavia, come detto sopra, la legge sui mutui, valevole anche per le finanziarie, afferma che il pagamento è in ritardo solo se fatto dopo 30 giorni dalla scadenza della rata finanziamento. In altre parole, se un cliente ha l’abitudine di pagare con un ritardo di 29 giorni per ogni rata finanziamento, è comunque al sicuro. Insomma la disciplina del contratto di prestito deve trovare un contemperamento con la legge e non può essere totalmente arbitraria, a danno del cliente. Laddove, invece, il ritardo nel pagamento della rata finanziamento supera i 30 giorni, ma è sotto ai 180, il cliente non ha alcuna conseguenza, se ciò si verifica non più di sei volte in tutto il piano di ammortamento. Invece, dalla settima volta a seguire, la società finanziaria potrà attivare la suddetta risoluzione anticipata del contratto, con revoca unilaterale. Come ultima ipotesi, nel caso in cui il ritardo oltrepassi i 180 giorni, entra in gioco il cosiddetto “inadempimento contrattuale”. Esso permette alla società del prestito di interrompere subito il rapporto con il cliente, con attivazione di un iter giudiziario finalizzato all’emissione del decreto ingiuntivo (e connesso rischio di pignoramento beni).

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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