Licenziamento orale 2019: quale rilevanza della prova cessazione lavoro?

Pubblicato il 9 Agosto 2019 alle 19:15 Autore: Claudio Garau

Licenziamento orale 2019: come si verifica e quale valore ha per il diritto. La rilevanza della prova della cessazione del lavoro

Licenziamento orale 2019 quale rilevanza della prova cessazione lavoro
Licenziamento orale 2019: quale rilevanza della prova cessazione lavoro?

Cerchiamo di capire se il licenziamento orale o verbale ha, al pari di quello in forma scritta, rilevanza per il diritto e, pertanto, se è effettivamente opponibile al lavoratore. Sulla questione collegata della prova della cessazione lavorativa in caso di licenziamento orale, è intervenuta, peraltro, la Corte di Cassazione, con un provvedimento che sicuramente aiuta a chiarire l’argomento. Vediamo di seguito di che si tratta.

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Licenziamento orale: quando? cosa dice la legge?

In effetti la possibilità di un licenziamento orale o verbale, è tutt’altro che remota. Può infatti succedere che scoppi una lite improvvisa e aspra tra datore di lavoro e lavoratore ed, a seguito di essa, può ben capitare che il datore dica espressamente al lavoratore che è licenziato, intimandolo a non presentarsi più sul luogo di lavoro. E tutto senza alcuna comunicazione formale di licenziamento. In circostanze come queste, è legittimo che il lavoratore subordinato si domandi se il licenziamento in forma orale è parificabile, quanto agli effetti, a quello “ordinario” in forma scritta.

La legge, a ben vedere, è categorica su questo punto. Il licenziamento, per disposizione normativa, deve in ogni caso avvenire in forma scritta, per produrre effetti. E ciò indipendentemente dai motivi che lo hanno causato, ovvero sia nei casi di licenziamento disciplinare, sia di licenziamento per crisi aziendale o riduzione del personale o licenziamento collettivo. Ne consegue che il licenziamento orale o verbale è sempre nullo, ovvero considerato come “mai effettuato”. Anzi, il lavoratore ha diritto alla reintegra sul posto di lavoro, non essendo stato interrotto il rapporto in essere. Per far valere questo diritto, il dipendente potrà ben contestare il licenziamento orale: ciò attraverso una lettera da spedire all’azienda, non oltre 60 giorni dalla comunicazione (orale) di licenziamento stessa. A sostegno di quanto detto, c’è, in ogni caso, l’art. 2 della legge n. 604 del 1966 (“Norme sui licenziamenti individuali“), che dispone: “Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato. Il licenziamento intimato senza l’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 è inefficace“. 

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Prova cessazione lavorativa: che valore ha?

A questo punto vediamo ad una questione pratica, legata al licenziamento orale. Cerchiamo di capire l’effettivo valore della prova della cessazione lavorativa, nelle circostanze di un licenziamento verbale. In effetti non c’è un documento scritto a cui fare sicuro riferimento. Secondo la Corte di Cassazione, laddove un lavoratore si rivolga al giudice per rivendicare le sue ragioni contro il datore di lavoro, la prova della mera cessazione definitiva nell’esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è di per sè sola idonea a fornire la prova del licenziamento, trattandosi di circostanza di fatto avente più significati, in quanto può essere effetto sia di un licenziamento, sia di dimissioni, sia di una risoluzione consensuale. Piuttosto la cessazione lavorativa può esclusivamente essere circostanza concreta e di fatto, per la quale, insieme con altri elementi, il giudice di merito possa concludere che il lavoratore ha, in effetti, assolto il suo onere probatorio, legato all’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa datoriale.

In altre parole, il dipendente che impugni un licenziamento in tribunale, in quanto reso in forma orale, ha l’onere specifico (e gravoso, mancando documentazione scritta) di dimostrare, come fatto costitutivo della sua domanda, che la risoluzione del rapporto di lavoro è dovuta alla esclusiva volontà del datore di lavoro. Insomma, la mera cessazione nell’esecuzione delle prestazioni professionali non è, infatti, circostanza di per sé sola idonea a questa prova, specialmente in considerazione del fatto che il datore di lavoro può ben opporre che il rapporto di lavoro è venuto meno per le dimissioni del lavoratore.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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