Tassa acqua 2020 approvata: cosa prevede e chi deve pagarla

Pubblicato il 18 Ottobre 2019 alle 18:51 Autore: Giuseppe Spadaro

Tassa acqua 2020 approvata: accese proteste contro la tassa sugli imballaggi che ha la finalità di disincentivare l’utilizzo della plastica.

Tassa acqua 2020 approvata: cosa prevede e chi deve pagarla

Tassa acqua 2020 approvata – La prossima manovra introduce la cosiddetta tassa sugli imballaggi che, partendo da finalità ambientali, determinerà costi aggiuntivi per prodotti utilizzati ampiamente utilizzati da molti di noi nella vita di tutti i giorni. Tutto ciò sta provocando non poche polemiche, comprese le vibrate proteste da parte dei produttori di plastica. C’è che chi parla di aumento dell’Iva mascherato dalla cosiddetta svolta green.

Tassa: cifre e tempistica

Perché si sente parlare della cosiddetta Tassa acqua 2020? Perché proprio l’acqua è uno dei prodotti più venduti negli imballaggi di plastica. Pertanto la norma di prossima introduzione potrebbe avere come effetto quello dell’aumento del costo dell’acqua confezionata in bottiglie d’acqua.

Dalla nuova misura il governo conta di recuperare 1 miliardo di euro nel 2020 e 2 miliardi nel 2021. La norma è prevista nel Documento Programmatico di Bilancio: l’imposta sugli imballaggi di plastica è corrispondente a 1 euro per ogni kg di involucro. L’imposta partirebbe dal 1° giugno 2020.

Tassa acqua 2020 approvata: le proteste

Non mancano chiaramente le proteste. Il responsabile ambiente dell’area Politiche industriali di Confindustria Marco Ravazzolo ha dichiarato: “Così com’è, è un aumento mascherato dell’IVA che si abbatte sui consumi e senza alcuna finalità ambientale. Le industrie produttrici di imballaggi di plastica e le industrie utilizzatrici pagano già il CAC, Contributo ambientale Conai: 450 milioni l’anno, dei quali 350 sono versati ai Comuni per garantire il servizio della raccolta differenziata. Sarebbe una doppia imposta per le imprese”.

Il quotidiano economico Il Sole 24 Ore riporta anche la voce di Unionchimica Confapi che tramite il presidente Delio Dalola esprime il proprio punto di vista: “Anziché puntare su tematiche di sostenibilità ambientale ed economia circolare aiutando la riconversione del nostro tessuto produttivo creando occupazione con azioni come questa si mette in ginocchio un comparto produttivo che perderà migliaia di posti di lavoro”.

Simile il ragionamento esposto dall’associazione di categoria che riunisce i trasformatori di materie plastiche Unionplast. Ecco le parole del Presidente di Unionplast Luca Iazzolino: “la plastic tax rischia di affossare ulteriormente la competitività di un settore di eccellenza che sta già intraprendendo una transizione verso soluzioni più sostenibili. Dobbiamo evitare il ripetersi di provvedimenti inappropriati che fanno male al Paese”.

Ed anche sul fronte sindacale si levano voci contro la misura. Come quella del Segretario Filctem Cgil Marco Falcinelli: “Questa tassa produrrà solo disoccupazione, non si può fare cassa sulla pelle dei lavoratori. Le Aziende produttrici di imballaggi già pagano ai consorzi per il recupero e riciclo dai 150 ai 500 euro a tonnellata in funzione proprio delle differenti difficoltà di raccolta e riciclo dei prodotti. Produrre una tonnellata di plastica per imballaggi costa circa 1000 euro e la ventilata ipotesi di una tassa aggiuntiva del 20% metterebbe a rischio il futuro di 50.000 lavoratori e di 2000 imprese. Non si tratta di difendere gli interessi di un settore ma di evitare un disastro dal punto di vista sociale e produttivo”.

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L'autore: Giuseppe Spadaro

Direttore Responsabile di Termometro Politico. Iscritto all'Ordine dei Giornalisti (Tessera n. 149305) Nato a Barletta, mi sono laureato in Comunicazione Politica e Sociale presso l'Università degli Studi di Milano. Da sempre interessato ai temi sociali e politici ho trasformato la mia passione per la scrittura (e la lettura) nel mio mestiere che coltivo insieme all'amore per il mare e alla musica.
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