Spacciatori di verità relative

Pubblicato il 4 Novembre 2019 alle 18:21 Autore: Nicolò Zuliani

La percezione di quello che ci circonda è soggettiva, ma fino a un certo punto. È ovvio che chi vive in condizioni di degrado o in quartieri malfamati ha una percezione del proprio vicinato diversa da chi sta in centro, e non ci sono statistiche sulla criminalità che tengano. Una cosa meno ovvia, però, è come il nostro vicinato oggi non sia solo fisico, ma anche – soprattutto – digitale.

Quello che leggiamo in Internet ci suscita emozioni, e ce le ricordiamo. È anche uno dei motivi per cui le persone più ingenue si affezionano a siti che emozionano più che informare. L’emotività è una droga, e come tale sfasa i nostri sensi. A tutti è capitato di scrivere baggianate perché in preda all’emotività, salvo poi cancellare o ritrattare.

Molti credono che quando Internet non c’era le persone si informassero da fonti attendibili.

È parzialmente vero, nel senso che gli articoli di giornale venivano redatti, editati e pubblicati da una catena di persone con un bagaglio culturale medioalto, e un articolo dove si sosteneva il gombloddo dello sbarco sulla luna non sarebbe passato. Ma è anche vero che i giornali pre Internet si prendevano libertà che oggi sarebbero impensabili; leggere gli editoriali degli anni di piombo è allucinante, dove direttori di giornali e firme di punta arrivavano a incitare alla violenza o se non a giustificare, a motivare omicidi a scopi politici. Insomma, l’era pre Internet non era l’età d’oro.

Ma era delimitata.

Il motivo per cui le statistiche su stupri, sbarchi, crimini e omicidi non hanno alcun effetto su una vasta percentuale della popolazione viene dalla cronaca nera e dalla percentuale emotiva che si tira dietro. La nera grazie a Dio è rara, nel senso che nemmeno a Mestre ci sono 500 omicidi l’anno come a Londra. Ma se portiamo la cronaca nera nazionale in una testata sola, la percezione emotiva di un lettore ingenuo o distratto è che accadano tutti nello stesso posto.

Siccome sono emozioni, anteporre statistiche, dati e fatti è inutile perché asettiche. Alcuni potrebbero ricordare un sito che raccoglieva notizie di cronaca nera sugli immigrati. Quel sito fu un disastro per il tentativo di dialogo o confronto; bastava leggerlo un mese e ti veniva voglia di uscire col giubbotto antiproiettile.

Questo metodo è stato riciclato ed espanso

Siccome fornisce emozioni forti – sentirsi accerchiati è assai intenso – è stato messo in pratica da tutte le parti. Ci sono siti che raccolgono tutte le violenze o le ingiustizie delle donne sugli uomini, per esempio, oppure tutte le barbarie che vengono fatte sugli animali. Dove c’è richiesta c’è mercato, e dove c’è mercato c’è specializzazione. Oggi chiunque abbia una sensazione impiega pochissimo a trovare uno spacciatore che la prende, le fa una fiala di steroidi, ci aggiunge gli AdSense e la vende a sacchetti.

E non è un reato, perché a parte alcuni casi non sono bugie, sono verità relative.

Funzionano anche sul principio base del cervello umano che ci spinge ad avere il massimo risultato con il minimo sforzo. Cercare notizie è impegnativo, subirle no. E noi cerchiamo istintivamente notizie che ci coccolino, ovvero che assecondino le nostre idee o paure momentanee. Nessuno è esente da questo meccanismo, io per primo.

Ci hanno persino fatto un sito apposta, per quelli che fanno domande a cui per avere risposte basterebbe scrivere su un motore di ricerca. Prendete lo slogan “parlateci di Bibbiano”; basta scrivere “indagini Bibbiano” su google per trovare migliaia di articoli che ne parlano. Nel tempo necessario a fare uno striscione avresti un quadro esteso e dettagliato di quello che vuoi sapere, ma nel concreto non lo vuoi sapere, vuoi confermare un’emozione che hai comprato o peggio, che ti è stata venduta se non come imparziale, quantomeno equa.

La cronaca nera non è un problema, l’informazione in sé non è un problema – purché basata su fatti reali – ma lo è la sua densità. Perché ti tiene in una costante crisi di nervi e quel che è peggio è che non è possibile disintossicarla dall’esterno. Prendi qualcuno spaventato e digli che non c’è niente di cui avere paura; diventerà aggressivo e ti identificherà come minaccia, non come aiuto.

Quindi che si fa?

La mia sensazione è che l’unico modo per rompere questo circolo vizioso venga dall’esaurimento nervoso – o dall’overdose – di chi c’è sotto. In tanti stanno lasciando i social come Facebook o Twitter per migrare su Instagram, per esempio, un sito che ironia della sorte oggi è quello che doveva essere Facebook alle sue origini. Nelle anime semplici e irrazionali la paura può essere sconfitta anche con la vanità. E forse è da quelle parti che c’è spazio di manovra.

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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