Danni maltempo: chi deve pagare? La utile giurisprudenza sul punto

Pubblicato il 8 Novembre 2019 alle 15:00 Autore: Claudio Garau

Danni maltempo: come funziona la responsabilità e quando l’ente pubblico o la società privata è tenuta a pagare? Ecco la giurisprudenza sul tema

chi deve pagare i danni per il maltempo, il punto della giurisprudenza
Danni maltempo: chi deve pagare? La utile giurisprudenza sul punto

Vediamo di seguito di fare luce su una questione probabilmente non a tutti nitida e chiara, ma che merita di certo risposta esaustiva. Si tratta dei cosiddetti danni maltempo e di chi ha, a causa di essi, la responsabilità di risarcire ed effettuare quindi i pagamenti. Ecco la risposta della legge e dei giudici sul punto.

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Danni maltempo: un’eventualità non remota

È ben nota ormai la portata di taluni eventi climatici, a volte anche estremi, almeno per il contesto a cui era abituata l’Italia, in virtù della sua particolare posizione geografica. Ebbene, oggigiorno, i danni maltempo, specialmente in particolari periodi dell’anno come i mesi autunnali, sono tutt’altro che un’ipotesi remota e si producono nei modi più svariati: garage e cantine allagati, danni agli impianti elettrici di condomini ed abitazioni, auto distrutte da alberi caduti ecc. In queste circostanze, chiunque subisca dei danni maltempo, chiaramente sarà portato a cercare di individuare il possibile responsabile, cui chiedere un risarcimento o ristoro per il pregiudizio patito. Il cittadino potrebbe perciò ritenere responsabile proprio il Comune o comunque un ente pubblico o una società, nella convinzione che non sia stato fatto abbastanza per arginare il rischio di gravi danni maltempo. Tuttavia, in questi casi, la legge e giudici talvolta ragionano diversamente.

Infatti, nel Codice Civile la responsabilità per danni è, in qualche modo, “controbilanciata” dalla ricorrenza del cosiddetto caso fortuito, vale a dire un evento esterno, imprevedibile ed inevitabile e che, come tale, escluderebbe dalla responsabilità. Casi tipici di caso fortuito sono proprio quelli ricollegati ad eventi naturali e climatici come nubifragi o tifoni. È stata tuttavia la giurisprudenza, nel corso del tempo, ad elaborare utili indicazioni e a chiarire come, in concreto, funziona la responsabilità danni maltempo, a seconda dello specifico pregiudizio di volta in volta verificatosi.

L’utilità della giurisprudenza sul tema

Come anticipato, spesso le massime giurisprudenziali sono state utili al fine di fare chiarezza sui danni maltempo che, per loro natura, producono delle evidenti e svariate conseguenze pratiche. Pensiamo ad esempio al caso dei danni prodotti dal fulmine che, a seguito di uno sbalzo di tensione elettrica, ha rotto dispositivi quali tv, modem o elettrodomestici oppure ha fatto andare via la luce. Ebbene, secondo la Corte di Cassazione, la società elettrica potrebbe essere tenuta a pagare i danni prodotti dal fulmine, nel caso in cui sia acclarato che l’evento sia stato arrecato da un ordinario aumento di tensione, per questo quindi evitabile. Insomma, la responsabilità scatta in quanto l’aumento di tensione è dovuto ad un malfunzionamento nei cavi interrati: sull’Enel grava infatti l’obbligo di effettuare tutti i controlli e le manutenzioni necessaria nella rete elettrica in custodia, onde evitare danni maltempo e corto circuiti. Pertanto, se l’azienda in questione intende non pagare perché non si sente responsabile, dovrà dimostrare in giudizio che lo sbalzo di corrente e il corto circuito sono stati dovuti a fattori non da essa custoditi, come alberi o pezzi di cornicioni che hanno colpito i cavi delle linee aeree.

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Pensiamo anche al caso degli allagamenti in strada, con contestuali danni alle attività commerciali delle vie, alle cantine e ai magazzini e garage posti al piano terra. In queste circostanze, la giurisprudenza ha delineato un indirizzo per il quale il Comune o l’ente pubblico è responsabile laddove l’allagamento sia stato prodotto dalla cattiva manutenzione e dall’incuria per quanto attiene la gestione della rete di scolo delle acque pluviali. E ciò anche nel caso in cui la pioggia sia stata molto forte: la PA è insomma tenuta a risarcire i danni maltempo prodotti ad automobili, garage, negozi e così via, in quanto sia acclarato in giudizio che non è stata svolta l’ordinaria e dovuta manutenzione agli impianti finalizzati ad evitare i danni da allagamento. Prova liberatoria vi sarà soltanto se l’ente pubblico riesce a dimostrare che gli impianti e la rete fognaria hanno invece funzionato, però nulla potendo contro la forza del temporale. Insomma, l’eccezionalità del fenomeno naturale non è sufficiente ad escluderne la prevedibilità: non si può quindi parlare del suddetto caso fortuito. Stesso ragionamento vale, secondo la giurisprudenza, anche per i danni da straripamento fogne e conseguente allagamento delle strade e locali adiacenti.

Per quanto attiene i danni da buche stradali, a seguito di forti piogge, la giurisprudenza tende, invece, a giustificare l’ente pubblico, senza condannarlo quindi al risarcimento danni, nel caso in cui il danno al mezzo a motore si abbia subito dopo lo sprofondamento dell’asfalto. I giudici hanno escluso la responsabilità in virtù di due fattori: l’obbligo di guida accorta e prudente, da parte dell’automobilista, specie in caso di forti piogge e allagamenti in strada; e il tempo necessario all’ente che si occupa della custodia e manutenzione della strada, per intervenire e riparare lo sprofondamento dell’asfalto e la buca creata dal nubifragio. Insomma, i giudici hanno concluso che la prova liberatoria, per l’ente, scatta quando dimostra che i danni maltempo ovvero la caduta della vettura nella buca, si ha subito dopo lo sprofondamento del manto stradale.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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