Lunedì nero tasse: cos’è e quanto incassa lo Stato dalle tasse

Pubblicato il 19 Novembre 2019 alle 10:55 Autore: Daniele Sforza

È stato un lunedì nero lo scorso 18 novembre per imprese e partite Iva: sorride invece lo Stato che ha incassato moltissimo. Ecco perché.

calcolatrice e denaro
Lunedì nero tasse: cos’è e quanto incassa lo Stato dalle tasse

Il 18 novembre è stato un lunedì nero per imprese e partite Iva, in particolar modo per le piccole imprese, tenute a versamenti di tasse e contributi in maniera ingente. Sorride, di contro, lo Stato, che ha incassato in un solo giorno più o meno la cifra equivalente al costo della Manovra 2020. La pressione fiscale si fa sentire ogni anno che passa e il confronto con la media europea resta impietoso.

Lunedì nero tasse: cos’è successo il 18 novembre

Versamento Iva, così come delle ritenute Irpef per dipendenti e collaboratori, per un totale di 26,9 miliardi di euro da pagare al fisco. In più si aggiunge anche il versamento dei contributi previdenziali, sempre per dipendenti e collaboratori. Senza dimenticare che i lavoratori autonomi, così come gli artigiani e i commercianti, saranno tenuti a versare i contributi per loro stessi. Nelle casse dello Stato entreranno un sacco di soldi, e le imprese e le partite Iva vedranno le proprie tasche svuotarsi. Come sostiene il coordinatore dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo, “lo Stato incasserà in un solo giorno un importo pari alla dimensione economica della prossima manovra di bilancio”, le parole riportate da Teleborsa.

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Lunedì nero tasse: pressione fiscale in Italia al 59,1% dei profitti commerciali

Resta però il nodo di una pressione fiscale esagerata nel nostro Paese, che secondo un recente report della Banca Mondiale equivale al 59,1% dei profitti, ovvero 16,3 punti percentuali in più rispetto alla media europea che si attesta al 42,8%. E questo vuol dire tanto per quelle microimprese costrette ad adempiere agli obblighi fiscali per non pagare di più, ma al contempo stritolati da un sistema generale deficitario. Così commenta il segretario CGIA Renato Mason: “Nonostante la giustizia civile sia lentissima, il credito sia concesso col contagocce, la burocrazia abbia raggiunto livelli ormai insopportabili, la Pubblica Amministrazione rimanga la peggiore pagatrice d’Europa e il sistema logistico-infrastrutturale registri dei ritardi spaventosi, la fedeltà fiscale delle nostre imprese rimane comunque molto elevata”.

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Cosa succede se non si paga

E se non si paga che succede? In caso di ritardi, bisognerà versare l’1% dell’importo di quanto bisogna pagare al fisco per ogni giorno di ritardo entro il 15° giorno della scadenza. Se invece il pagamento viene effettuato entro 90 giorni dalla scadenza, la percentuale sale, arrivando al 15% dell’importo da versare. Oltre 90 giorni dalla scadenza si arriva invece al 30% dell’importo. In ogni caso ci sono sempre gli interessi legali, che ammontano allo 0,8% dell’importo da pagare. Le sanzioni possono comunque essere ridimensionate grazie all’istituto del ravvedimento operoso, che consente di pagare meno di maggiorazioni rispetto al dovuto.

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L'autore: Daniele Sforza

Romano, classe 1985. Dal 2006 scrivo per riviste, per poi orientarmi sulla redazione di testi pubblicitari per siti aziendali. Quindi lavoro come redattore SEO per alcune testate online, specializzandomi in temi quali lavoro, previdenza e attualità.
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