Rumori molesti e tutela legale: cos’è e quando sono oltre il consentito

Pubblicato il 15 Gennaio 2020 alle 12:05 Autore: Claudio Garau

Rumori molesti: quando ricorrono in concreto e come funziona la tutela legale in queste circostanze. Quali sono i criteri-guida seguiti dai giudici?

Rumori molesti e tutela legale: cos’è e quando sono oltre il consentito

Il problema dei rumori molesti, specialmente nell’ambito di contesti condominiali assai articolati, come quelli delle grandi città, è un tema sempre attuale. Infatti, se da una parte gli edifici molto spesso non sono stati edificati rispettando le norme relative all’isolamento acustico, dall’altra lo scarso senso di civiltà di molti condomini fa sì che la quiete e il riposo nelle proprie abitazioni non siano sempre possibili. Vediamo allora cosa fare in caso di rumori molesti e come funziona la tutela legale in questi casi.

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Rumori molesti: una questione diffusa e concreta

Le liti condominiali in Italia sono una costante e negli ultimi anni sono aumentate. Tra le cause più frequenti, ovviamente, anche quelle collegate ai rumori molesti, tali da superare la cosiddetta “normale tollerabilità“. Pertanto, diventa utile sapere quali strumenti la legge consente, per difendersi da “immissioni acustiche” divenute intollerabili (così la legge formalmente definisce i rumori molesti). È un problema concreto, dato che talvolta i rumori (ad esempio quelli prodotti da musica ad alto volume o feste notturne) impediscono non solo la quiete delle persone, ma anche il dovuto riposo. Insomma, la tutela legale dai rumori molesti è quanto mai necessaria, e la legge ovviamente prevede adeguati strumenti.

Nel Codice Civile l’art. 844 sulle “immissioni”, al comma 1, ben chiarisce qual è la posizione del legislatore sull’argomento: “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi“.

Com’è chiaro dal testo della norma citata, la legge non dice qual è l’esatta soglia oltre la la quale i rumori da sopportabili o accettabili, diventano molesti. Ovvero, non indica un limite preciso di decibel, oltre il quale è possibile fare causa al vicino di casa rumoroso. Infatti, si parla di “normale tollerabilità” che se superata, dà luogo a rumori molesti e quindi perseguibili dal giudice. Insomma, il Codice Civile affida al giudice il ruolo di stabilire caso per caso, e in base a quanto prodotto in corso di causa, se il rumore è da ritenersi illegale, molesto e quindi foriero di disturbo e danno alla quiete di un cittadino.

Tutela legale nei confronti delle immissioni acustiche: il ruolo decisivo del giudice

Se da una parte la legge certamente ammette la possibilità di fare causa (ovvero ammette la “tutela legale”) e citare per danni il condomino rumoroso perché, ad esempio, lavora di notte e lascia i cani da soli in casa ad abbaiare nelle ore comunemente destinate al riposo, dall’altra – come accennato – consente al giudice di svolgere una valutazione caso per caso, tenendo conto del materiale probatorio prodotto e di alcuni criteri essenziali per stabilire se si tratta davvero di rumori molesti oppure no. Ma quali sono questi criteri? Essi emergono dalla non esigua giurisprudenza in materia, vediamoli in rapida sintesi:

  • anzitutto, deve essere acclarata e valutata l’intensità e la durata del rumore, in modo che il giudice possa valutare con esattezza i fatti (anche attraverso la misurazione dei decibel, effettuata da un consulente tecnico d’ufficio);
  • non meno importante sarà l‘orario in cui il rumore è prodotto: se di sera o di notte, il rischio che siano ritenuti rumori molesti è maggiore;
  • tra le variabili in gioco, un peso ha anche il contesto in cui il rumore è prodotto: quartiere cittadino, area di campagna, zona montana ecc. Insomma la “normale tollerabilità” che se rispettata non dà luogo a rumori molesti, deve essere sempre rapportata alle caratteristiche dell’ambiente circostante;
  • il giudice deve anche tener conto che la normale tollerabilità va rapportata a quella che è definita sensibilità dell’”uomo medio”. Insomma, le variabili che entrano in gioco sono estremamente variegate e la decisione del giudice non è mai scontata.

La prassi giurisprudenziale ci insegna che comunque non sempre è necessaria una rilevazione precisa del rumore prodotto, eseguita da un tecnico specializzato: talvolta, per aver ragione in giudizio, è sufficiente la testimonianza dei vicini. Inoltre va rimarcato che, in verità, la giurisprudenza ha delineato alcuni dati oggettivi, per i quali i rumori sono da considerarsi molesti: infatti, ha stabilito che tutte le immissioni acustiche che, nelle ore serali o notturne, oltrepassano di 3 decibel i rumori di fondo (ovvero quelli provenienti dall’esterno) o che superano i 5 decibel di giorno (dalle 6 alle 22), sono sanzionabili dal giudice. Tuttavia non sono dati da cui il giudice non può distaccarsi, ben potendo ritenere – alla luce delle specifiche risultanze di causa – che un dato rumore sia molesto pur restando nei limiti appena citati.

Assai utile, in queste circostanze, è allora un regolamento di condominio che regoli compiutamente e in modo dettagliato, all’interno delle sue disposizioni, la questione rumori molesti e i limiti da rispettare per garantire il riposo altrui.

Inoltre, il giudice non può non tener conto della possibilità che i rumori molesti siano prodotti non da condomini, ma da attività quali negozi, fabbriche ecc. In questi casi, il metro di valutazione sarà più elastico, dato che la tutela legale contro i rumori molesti deve, in qualche modo, contemperarsi con le ragioni della produzione, così come evidenziato dal comma 2 dell’art. 844 citato.

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Quando scatta il risarcimento del danno

In estrema sintesi, ricordiamo che la tutela penale, in caso di rumori molesti, sussiste soltanto laddove i suoni siano percepibili da un numero indefinito di persone (si tratta del reato di disturbo della quiete pubblica), indipendentemente che una sola persona abbia fatto denuncia formale alla polizia, carabinieri o procura della Repubblica.

Invece, laddove si lamentino singole persone, anche una sola, sarà attivabile la mera tutela civilistica, finalizzata a far imporre lo stop ai rumori molesti da parte del giudice e a ottenere il risarcimento danni.

Concludendo, il giudice potrà in concreto determinare che siano insonorizzati gli ambienti da cui provengono i rumori molesti e, se provato il nesso di causalità tra il fatto dei rumori molesti e il pregiudizio alla propria qualità e abitudini di vita, alla salute e al riposo, potrà decidere per il risarcimento del danno. Potrebbe essere sufficiente, in tal senso, produrre una prova scritta come un certificato medico.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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