Affidamento esclusivo: cos’è, come funziona e a chi spetta

Pubblicato il 11 Febbraio 2020 alle 11:18 Autore: Claudio Garau

Affidamento esclusivo: di che si tratta, dov’è regolato e quali conseguenze comporta. Il criterio fondamentale dell’interesse del minore

affidamento esclusivo come funzinoa
Affidamento esclusivo: cos’è, come funziona e a chi spetta

Si sa, non sempre le cose vanno a gonfie vele nelle coppie sposate: col tempo possono emergere incompatibilità caratteriali, oppure divergenze su questioni economiche o sull’educazione della prole. Tali attriti potrebbero rivelarsi insanabili e portare alla rottura del legame matrimoniale. Vediamo allora di seguito che cosa dice la legge con riguardo all’affidamento esclusivo dei figli, di cosa si tratta e come funziona in caso di separazione dei coniugi.

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Affidamento esclusivo: qual è la regola generale?

La giurisprudenza ci insegna che la regola fondamentale, in materia di affidamento dei figli, è quella dell’affidamento condiviso ad ambo i genitori. Se la prassi solitamente è questa, ciò non toglie che però possano esservi eccezioni, il cui fondamento è rintracciabile nell’art. 337 quater Codice Civile che, appunto, ammette la possibilità di affido ad un solo genitore. In particolare tale disposizione sancisce che: “Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore” (ovvero possa creare in lui un qualche pregiudizio). Ma non solo, tale articolo ha un contenuto in qualche modo anche “monitorio” verso il genitore affidatario, in quanto: “Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse“. Pertanto, parafrasando il testo, se è vero che la responsabilità genitoriale è esclusiva a seguito dell’affidamento esclusivo, è altrettanto vero che il genitore affidatario è vincolato ai limiti e istruzioni impartite dal giudice, nell’interesse del minore e, comunque, l’altro genitore non completamente escluso dal dovere di vigilanza sul minore, potendo anzi rivolgersi al magistrato laddove ritenga che sia stato violato dall’altro genitore, l’interesse del figlio o figli. Ma quando potrebbero sussistere in concreto i presupposti per ottenere dal giudice un provvedimento che disponga l’affidamento esclusivo?

Ebbene, in tutti i casi in cui la permanenza con l’altro genitore potrebbe nuocere allo sviluppo psicofisico o all’educazione, ovvero, ad esempio, nei casi in cui l’altro coniuge usi comportamenti violenti oppure sia dedito ad attività criminose (ad es. spaccio di droga) oppure ancora nei casi in cui sia dimostrabile che non abbia una condotta responsabile e non sappia o non voglia occuparsi dei figli in modo diligente.

Come decide il giudice? L’integrazione della legge n. 54 del 2006

La domanda per avere affidamento esclusivo del figlio o figli può essere presentata al giudice in ogni momento (anche dopo la decisione di affido condiviso). Tale domanda deve però essere ben motivata e spiegare le ragioni dell’opportunità dell’affido esclusivo nell’interesse del minore. Ma se il giudice considererà la richiesta manifestamente infondata (perché magari fondata su un intento di vendetta verso l’ex-coniuge) potrà certamente valutare se escludere quel genitore dall’affidamento ed anzi se punirlo (in caso di malafede o colpa grave) con il risarcimento del danno all’altro coniuge.

Tuttavia la legge non elenca i casi tassativi in cui scatta la citata eccezione rispetto alla regola, ovvero semplicemente incarica il giudice di effettuare la scelta dell’affidamento condiviso, secondo una valutazione discrezionale nel solo interesse del minore. Ne consegue che ovviamente il provvedimento del giudice deve essere sempre motivato e contenere gli elementi per poter risalire al ragionamento del giudice, appunto compiuto per il bene della prole.

Sulla stessa linea si colloca la legge n. 54 del 2006, la quale integra il Codice Civile e dispone in merito alla separazione e affidamento dei figli. E infatti ribadisce il principio di bigenitorialità, per il quale un figlio ha diritto ad avere un rapporto stabile e duraturo con entrambi i genitori, anche a seguito di rottura del legame matrimoniale. In tale testo infatti troviamo che: “Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale” e troviamo anche che il giudice eventualmente “stabilisce a quale di essi i figli sono affidati” in via esclusiva.

Come si può notare, in materia di separazione ed affidamento esclusivo o meno dei figli, il ruolo del giudice designato è assai delicato, potendo peraltro anche fare autonome e rilevanti scelte in materia di corresponsione di un assegno periodico a favore della prole, per assicurarne il mantenimento, in proporzione al reddito del genitore obbligato ed in considerazione delle attuali esigenze del figlio.

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L’utilità della giurisprudenza sul tema: i casi pratici

Chiarito che preminente è e resta il solo interesse materiale e morale del minore, la giurisprudenza ha integrato il dato normativo, sulla scorta dei casi pratici che ha affrontato e pertanto ha ammesso l’affidamento esclusivo, ad esempio:

  • laddove uno dei genitori non sia responsabile o non manifesti interesse verso il figlio;
  • laddove il genitore si sia reso irreperibile e/o abbia mostrato disinteresse verso le conseguenze della separazione;
  • laddove siano emersi casi di violenza sui figli o sulla moglie;
  • laddove il figlio non voglia relazionarsi con uno dei genitori;
  • laddove non sia versato volontariamente l’assegno di mantenimento;
  • oppure ancora laddove uno dei genitori assuma droghe e/o sia ritenuto incapace di intendere e volere.

Sarà sempre fondamentale l’ascolto diretto del minore da parte del giudice, che aiuterà quest’ultimo a capire perché potrebbe essere necessario optare per l’affidamento esclusivo.

Concludendo, è chiaro che la prassi ci insegna che i casi di affidamento esclusivo sono tutt’altro che infrequenti e quindi l’eccezione alla regola molto spesso è applicata, nella tutela del minore contro il disinteresse e l’inadeguatezza che talvolta sono manifestate da uno dei genitori.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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