Coronavirus: “io dovrei smettere di drogarmi per questa roba?”

Pubblicato il 24 Febbraio 2020 alle 15:12 Autore: Nicolò Zuliani

Una rassegna della situazione in Italia fatta con gli occhi di un comune drogato in un bar di provincia.

Coronavirus: “io dovrei smettere di drogarmi per questa roba?”

È un giorno qualunque, in Italia. Apriamo i giornali: 224 CONTAGIATI 27 MILIONI DI ITALIANI (solo 23 in terapia, gli altri dismessi o asintomatici a casa), LAGGENTE MUORE A MUCCHI (cinque settantenni con patologie pregresse), IN CINA SONO INFETTATE QUASI 40,000 PERSONE (tutte guarite), il sito del ministero della salute e dell’interno invitano la popolazione a “informarsi solo da organi ufficiali”, modo cortese per dire di smettere di leggere i giornali e guardare la televisione perché sono gestiti da bambini eccitati quanto ritardati.

Fa notizia il fatto che l’unico giornale con un titolo pacato sia Avvenire.

“Intervista esclusiva al presunto paziente zero”, clicchi e ti manda a un articolo”Coronavirus, il falso paziente zero che era estraneo a tutto”. «Stavo bene, poi mi hanno prelevato di notte da casa». M’immagino i GIS che fanno irruzione, gli puntano una torcia del fucile d’assalto in faccia e urlano «MARK CALTAGIRONE, È LEI?!»

Reportage di giornaliste con voce enfatica nelle “zone rosse” con i ragazzi fuori dai bar che la trattano come se quella ubriaca fosse lei, che pigola “Il coronavirus uccide”. “Bè, anche un tostapane, volendo” risponde un drogato qualunque. La risposta viene editata in redazione. Passa purtroppo in secondo piano la storia della coppia che fugge dalla quarantena per raggiungere i parenti al sud perché mammà telefonava 987 volte al giorno e gli aveva preparato la zizzona di battipaglia, le lasagne della nonna, l’olio bbbuono.

L’intera casa in quarantena.

A Rimini i pazzi si sono aggiornati e se prima ti correvano dietro col coltello urlando Allahuakbar, adesso lo fanno ma gridano “coronavirus”. Sempre meglio di quello che si schiantò in aereo nel Pirellone dopo le torri gemelle, comunque: «Ora torniamo a parlare di Coronavirus: Heather Parisi si schiera con»

Chiudiamo i mass media, apriamo i social.

Su Twitter tre quarti degli opinion leader ci mettono dentro Salvini, Salvini, Salvini; è straordinario come io faccia di tutto per non sentire cosa dice quell’uomo, ma lo vengo comunque a sapere grazie ai suoi detrattori. Mi fanno addirittura gli screenshot dei suoi tweet. Appurato che secondo Twitter uccidendo Salvini si troverà il vaccino al periglioso virus, chiudiamo e apriamo Facebook.

Qui è un tripudio di immagini prese da Io sono leggenda, 28 giorni dopo, Fuga da New York, World war Z, fotografie corredate da “non so se quest’immagine sia vera o no ma” cui segue una fossa comune bosniaca nel ‘97. Un grafico dibatte con un ingegnere di virologia, entrambi postano link che l’altro non legge. ++ ATTENZIONE IL MIO VIAGGIO A LONDRA È RIMANDATO A CAUSA DI ++, titola un impiegato presso me stesso.

Maledetta brexit.

Whatsapp è arrivato a 2967 notifiche, è ora di aprirlo.

Riceviamo in rapida successione audio allarmati che annunciano di armarsi e prepararsi all’invasione, di fare scorte perché presto le strade saranno presidiate non si sa da chi, visto che anche l’esercito sarebbe contagiato. Fotografie degli scaffali dei supermercati vuoti, fermate della metropolitana di Milano deserta – bande nere, figurarsi – racconti di gente in stazione con le mascherine, odore di amuchina nei treni e gente che deambula con addosso i guanti di gomma dei piatti, di cui allego prova fotografica.

Il vostro amico fissato con la fine del mondo è esaltato e già sogna di poter sparare alla gente per strada. Lo zio settantenne manda un maiuscolato dove vi informa che il virus è stato prodotto in un laboratorio militare a Wuhan. La mamma etnica equosolidale vi confida un’informazione protetta da segreto di Stato: il coronavirus è stato fatto da Trump per combattere la Cina.

Ci rimane Instagram, dove di norma seguiamo solo account di arredamento, stoffe e antiquariato. Becchiamo un prayers for Italy da un negozio d’argenteria in Olanda e un pippone sull’igiene da una squinternata inglese, peraltro molto capace nell’interior planning, e una influencer si mostra a pecora con addosso solo un tanga, la mascherina e una frase molto profonda sulle nostre paure per quando hai finito di tocchignarti.

«E dimmi, mio sfigato amico, dimmi» dice Ario, fuori dal Pool&Company, rollando la cartina «Io dovrei smettere di drogarmi per questa roba? Scrivilo, scrivilo, voglio che tutto il mondo si faccia questa domanda. Facci il titolo, proprio.»

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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