La caccia all’untore e un mondo che non vedremo mai più

Pubblicato il 26 Marzo 2020 alle 13:18
Aggiornato il: 30 Marzo 2020 alle 17:33
Autore: Nicolò Zuliani

Siamo al tramonto di un mondo e a una notte di distanza da un altro. Sta a noi colonizzarlo meglio di prima.

La caccia all’untore e un mondo che non vedremo mai più

Nella cacofonia di voci più o meno autorevoli di questi giorni ha fatto rumore – niente rispetto al passato, ma l’ha fatto – un servizio di TG Leonardo su un esperimento di supervirus creato in laboratorio dai cinesi nel 2015. Il servizio è stato ripreso da Salvini, ma smentito parzialmente da un articolo apparso su Nature:

“It is improbable that SARS-CoV-2 emerged through laboratory manipulation of a related SARS-CoV-like coronavirus. As noted above, the RBD of SARS-CoV-2 is optimized for binding to human ACE2 with an efficient solution different from those previously predicted7,11. Furthermore, if genetic manipulation had been performed, one of the several reverse-genetic systems available for betacoronaviruses would probably have been used19. However, the genetic data irrefutably show that SARS-CoV-2 is not derived from any previously used virus backbone20.”

Nature

È vero? Non lo è?
In entrambi i casi, a cosa servirebbe saperlo?

Cosa cambierebbe, nella nostra vita? È straordinario come in questi giorni giornalisti/capipopolo stiano disperantamente tentando di applicare vecchi schemi, cioè trovare un colpevole da dare in pasto all’opinione pubblica. Ovunque è un fiorire di articoli zeppi di illazioni, speculazioni, “impossibile stabilire ma”, “potrebbe essere che”, “un’eventuale indagine scoprirà”, “è legittimo pensare” e altre frasi che mettono i loro scritti sullo stesso piano dei graffiti nei cessi degli autogrill. E non funzionano.

Fanno numeri ridicoli, rispetto a prima, perché il mondo è cambiato.

Quando questa clausura finirà – ovvero quando vaporizzeremo il bastardo col vaccino – le persone sopravvissute non saranno le stesse. Non lo sono più già adesso; parecchi linciatori di professione stanno perdendo seguito perché non vogliono rendersi conto che in tempi di guerra loro tornano ad essere quello che sono sempre stati: tenie. Vermi che si nutrono di escrementi emozionali. Ma quando l’organismo è in pericolo rimuove i parassiti e si dedica alla guarigione.

Dopo un grande pericolo scampato, dopo i morti seppelliti, mentre si lecca le ferite e ricomincia a vivere, l’umanità ragionerà in maniera differente. Avrà priorità differenti, proprio come dopo una guerra. Un grave pericolo scampato comune crea unione. Cambieranno i nostri rapporti con gli stati esteri e con l’Europa, sì, ma soprattutto quelli tra di noi. Chi non se ne rende conto è perché non se ne vuole rendere conto, o non ha il cervello per arrivarci.

La feccia che fino a ieri dominava Internet, i capipopolo, i giustizieri sociali, quelli che fino a ieri vivevano lanciando poveri idioti in pasto alla folla che li sbranava e linciava per noia; quelli che giocavano a “oggi sei fascista tu, domani è fastista lui”; quelli che passavano le giornate a postare gli screenshot delle proprie risposte a Salvini; quelli che decidevano cosa era sessista, razzista, omofobo passeranno un bruttissimo periodo.

Le persone non avranno più voglia di fare male virtuale, perché conosceranno il male reale. Bisogna essere in totale negazione per credere che dopo due, tre settimane barricati dentro casa a sentire gente che muore dall’altra parte del muro e contare le ambulanze che passano, le persone avranno voglia di sfogare la propria noia o frustrazione esistenziale/lavorativa in Internet.

È roba vecchia. Non funziona più.

Le persone hanno e avranno voglia di vita, di bellezza, di spensieratezza, di gioia e di gentilezza. In questo momento, nelle case, le persone non scalpitano per trovare qualcuno da linciare: sognano di prendere la moto e farsi un giro per strade di campagna, andare in una baita piena di gente, sedersi a un tavolo di sconosciuti, abbracciarsi, sentire una carezza o una pacca sulla spalla. Passeggiare in centro. Prendersi un caffè e fare due chiacchiere con il barista. Portare fuori una bella ragazza e farci l’amore su un prato.

Non hanno paura del perenne regime strisciante, né degli immigrati che minacciano l’identità nazionale, né della deriva fascista: hanno paura di non riuscire a ripartire con il proprio lavoro e di non avere risparmi. Saranno impegnati ad affrontare la recessione, a mettere da parte soldi e a rifarsi una vita o un’azienda, o reinventarsi un lavoro.

Nel tempo libero avranno troppa voglia di essere felici per cercare di rendere infelice qualcuno che magari è come loro, è stato chiuso in casa come loro, ha avuto paura come loro e ha perso qualcuno come loro. È la nostra apocalisse e rinascita, è la grande tragedia della nostra generazione, è uno dei punti di svolta della Storia. Come al solito, i libri hanno qualcosa da insegnarci. In questo caso, una vecchia canzone.

“Eravam tutti pronti a morire ma della morte noi mai parlavam.
Parlavamo del futuro. E se il destino ci allontana, il ricordo di quei giorni
sempre uniti ci terrà.

Mi ricordo che poi venne l’alba e poi qualche cosa di colpo cambiò.
Il domani era venuto e la notte, era passata. C’era il sole su nel cielo,
sorto nella libertà”.

Io ero Sandokan, canzone partigiana

Resistiamo, sopravviviamo, uniamoci e ricostruiamo.
Noi italiani abbiamo una lunga tradizione, in materia.

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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