Lockdown e coronavirus: quanto ci piaceva il Joker

Pubblicato il 20 Aprile 2020 alle 17:44
Aggiornato il: 23 Aprile 2020 alle 10:06
Autore: Nicolò Zuliani

Ricapitoliamo come siamo passati da “team estinzione” a “perché la scienza non ci sta dando risposte chiare?”.

Lockdown e coronavirus: quanto ci piaceva il Joker

“La mafia ha dei piani. La polizia ha dei piani. Sono pianificatori che cercano di controllare i loro piccoli mondi. Io non pianifico: cerco di dimostrare ai pianificatori quanto sono patetici i loro tentativi di controllare le cose. Guarda cos’ho fatto a questa città con un bidone di benzina e un paio di pallottole! Nessuno va nel panico se le cose vanno secondo i piani, anche se i piani sono mostruosi. Se domani dico alla stampa che un teppista verrà ammazzato o che un camion pieno di soldati esploderà, nessuno va nel panico: perché fa tutto parte del piano. Ma quando dico che un solo piccolo sindaco morirà, allora tutti perdono la testa.”

(Christopher Nolan, The dark knight, 2008)

In questi giorni di quarantena i media brulicano di opinioni, numeri, grafici, teorie e ipotesi che si smentiscono a vicenda. Tra opinion leader e persone comuni ci siamo attaccati a qualunque brandello di razionalità come naufraghi in un oceano di terrore, ripetendo il mantra “la scienza dice”. Peccato che a mettere quattro virologi in una stanza si hanno quattro opinioni, quattro pronostici e quattro previsioni diverse, e nel giro di dieci minuti si staranno picchiando.

Allora ci siamo abbandonati agli istinti più atavici, quelli del sacrificio umano: prima abbiamo condannato i giornalisti perché esageravano, poi perché minimizzavano, poi perché si ripetevano – l’ennesima settimana cruciale, l’ennesimo servizio sulle città vuote, l’ennesimo discorso storico. Poi abbiamo condannato i morti che erano vecchi, immunodepressi, obesi, fumatori. Poi abbiamo cercato il paziente zero e/o gli untori. Poi abbiamo dato in pasto alla folla i politici, i governatori, poi i runner, gli sciatori, i meridionali espatriati, i cinesi, gli immigrati, il #Milanononsiferma, quelli coi bambini, coi cani, quelli che non hanno spalmato sangue d’agnello sulla porta.

Anche questo non ha fermato l’epidemia né interrotto il lockdown.

Allora abbiamo provato a condannare il diavolo 2.0. Un mastermind che da qualche parte ha pianificato ogni cosa. Il Coronavirus fa parte di un Grande Piano ordito da oscure e potentissime entità “elite”, “multinazionali”, “governi” per affossare l’economia, o per obbligare le popolazioni ad accettare soprusi di privacy – credevo bastasse il test “scopri quale verdura sei”. Ci tranquillizza pensare qualcuno abbia un piano, anche se malvagio: basta ce l’abbia qualcuno.

Ma nonostante questi pregevoli tentativi di rassicurazione, dopo cinquanta giorni abbiamo ancora il terrore di finire disoccupati o in terapia intensiva perché il morbo è invisibile, inarrestabile, incontrollabile e imprevedibile. Ci potrebbe uccidere il respiro di un amante o di nostra madre, e noi potremmo uccidere nostro figlio o nostro nonno con una carezza.

Non vogliamo, non possiamo accettare che centinaia di migliaia di morti sono dovuti a un’imprevedibile concatenazione di eventi e che l’Uomo è impotente, fragile e ignorante davanti al futuro. Non vogliamo pensare a quanto siamo stati vicini alla morte senza saperlo, senza prevederlo, magari toccando un corrimano che cinque centimetri più indietro era infetto, o quando al supermercato abbiamo preso un barattolo invece di un altro, o scelto una carrozza, o un posto al cinema.

Dobbiamo aggrapparci a qualcosa pur di non accettare che non esiste Presidente, pontefice, scienza o colpevole in grado di prevedere con certezza quando e se mai potremo ricominciare a dare tre baci e strette di mano. Ma non c’è. Non c’è mai stato. Eravamo solo diventati molto bravi a fare finta che ci fosse.

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L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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