Dalla parte delle donne, dalla parte del torto

Pubblicato il 12 Maggio 2020 alle 17:13
Aggiornato il: 21 Maggio 2020 alle 17:03
Autore: Nicolò Zuliani

Impariamo a prevedere quello che accadrà alla prossima Silvia Romano per mano della brava gente onesta.

Dalla parte delle donne, dalla parte del torto

ll consigliere Simone Angelosante, riguardo alla liberazione di Silvia Romano, ha dichiarato che “Non ho mai sentito di ebrei che liberati da un campo di concentramento si siano convertiti al nazismo e siano tornati a casa in divisa da SS”. Il capogruppo della lista civica “Verso il futuro” ha addirittura chiesto che Silvia Romano venisse impiccata.

In questi giorni stiamo assistendo a un montare di rabbia verso Silvia che raggiunge vette incredibili, tra cui un commentatore che ha addirittura scritto “non ha scuse”. È straordinario: secondo la folla, Silvia Romano è stata sequestrata per colpa sua. È un fiorire di se l’è cercata, poteva pensarci prima, se fosse rimasta a casa e altre sentenze da veri duri a cui seguono occhiate schifate della popolazione civile.

Ma Silvia Romano non è diversa dalle altre donne rapite.

Natasha Kampusch venne rapita nel 1998 quand’era una bambina di 10 anni, e riuscì a fuggire solo nel 2006. Da allora vive barricata in casa perché riceve insulti ogni giorno; è accusata di essere un’approfittatrice, una “gold digger”, di avere ingrandito gli eventi e – ovviamente – di essersela cercata. Stessa storia Elisabeth Fritzl, imprigionata in un bunker sotterraneo a 18 anni dal padre e riuscita a scappare solo a 42 anni. Riceve le stesse accuse, tanto che il suo terzo libro è dedicato proprio all’odio online.

E in Italia possiamo ricordare Chloe Ayling, la modella drogata e rapita a Milano che passò la stessa cosa, anche da parte dei giornali. O quello che dissero delle due Simone e delle altre donne sequestrate e liberate.

Provate a farvi venire in mente una donna sopravvissuta o scampata a una violenza che non abbia ricevuto accuse o molestie. Non ve ne verrà in mente una sola. Le accuse sono sempre le stesse: 1) Se l’è cercata/meritata 2) Ci stava/le piaceva 3) Non è vero/è tutto organizzato/gombloddo.

Perché la folla giudica come 200,000 anni fa.

Chi è debole, chi sbaglia, chi viene sopraffatto, superato o sconfitto, ha torto. Quando le donne venivano aggredite per essere violentate fino a qualche anno fa si domandava se erano riuscite a difendere l’onore o meno. Era importante per la famiglia: meglio una figlia morta onorata che viva e disonorata. Il delitto d’onore permetteva al marito tradito di uccidere la moglie fedifraga e cavarsela con otto anni di galera. In alternativa, la stuprata doveva sposare lo stupratore.

In genere le donne sono fisicamente più deboli, quindi già invise alla folla che le guarda con sospetto, perché venera e rispetta solo forza e prevaricazione, e condanna i prevaricatori solo se ha occasione di usare forza e prevaricazione su di loro.

Nel caso di Silvia (o di una qualsiasi vittima donna sopravvissuta), per far sì che la folla provi empatia bisogna o fornire i cadaveri dei sequestratori/stupratori e tenere la vittima in ombra o far vedere gli abusi subiti. Solo allora viene accolta come la vergine salvata. Se non fornisci sangue, sperma o sudore la folla si scaglia sulla vittima come risarcimento per la propria attenzione sprecata.

Se qualcuno passa alla ribalta deve per forza fornire carne macinata, o sesso, o gente che soffre. Silvia non ha fornito niente del genere, si è fatta vedere felice di essere tornata a casa. La folla non ha visto torture, quindi non ci sono mai state. Di conseguenza la regola è la stessa: se una donna muore, se l’è cercata. Se una donna sopravvive, le è piaciuto.

È disgustoso? Eccome.
Cambierà? No.

La folla non cambia, fa parte della natura umana ed è proprio questo che rende il rispetto, il silenzio, l’empatia e la compassione dei valori: sono rari e richiedono impegno, capacità d’analisi e d’astrazione dalla folla. I grandi eroi dei social sono quelli che scrivono un commento di pancia, si fermano e lo cancellano prima di pubblicarlo. Non li vedremo mai, non sapremo mai chi sono o quanti sono, eppure esistono.

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
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