Dal lodo Schifani al lodo Alfano “costituzionale”

Pubblicato il 4 Novembre 2010 alle 10:46 Autore: Francesca Petrini
schifani

Inutile dire che il giudizio politico sul lodo Alfano fu quantomeno “influenzato” dalla coincidenza della rapida approvazione di questo disegno legge con l’imminente conclusione del processo a Milano sulla corruzione in atti giudiziari dell’avvocato David Mills, che vedeva come coimputato il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e dall’incidenza di esso anche su altri due processi che vedevano imputato Berlusconi (quello per diffamazione aggravata dall’uso del mezzo televisivo in merito alle relazioni tra le cosiddette Cooperative Rosse e la camorra; e quello relativo alla compravendita di diritti televisivi). Così, dall’opposizione il senatore Stefano Ceccanti del PD, durante la discussione al Senato prima del voto definitivo, sottolineò soprattutto il fatto che la legge entrava in conflitto con l’art. 3 della Costituzione, che stabilisce l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, e con l’art. 1 che sancisce il diritto degli eletti dal popolo di esercitare la funzione governativa nei limiti previsti dalla costituzione stessa, ossia col principio costituzionale secondo cui “democrazia non è semplice regola di maggioranza” ed il potere si esercita nei limiti disposti dalla Carta costituzionale; ma il lodo Alfano fu accolto positivamente dalla maggioranza di centrodestra, in particolar modo dal Presidente del Consiglio che definì “il lodo di cui si parla il minimo che una democrazia possa fare a difesa della propria libertà”, e inoltre “ necessario in un sistema giudiziario come il nostro, in cui operano alcuni magistrati che, invece di limitarsi ad applicare la legge, attribuiscono a se stessi e al loro ruolo un preteso compito etico”.

 

E ancora, già nel luglio del 2008 un documento intitolato “In difesa della Costituzione” veniva sottoscritto da più di cento studiosi di diritto costituzionale, tra i quali gli ex presidenti della Corte costituzionale Valerio Onida, Gustavo Zagrebelsky e Leopoldo Elia, e nel gennaio 2009 è stato depositato presso la Corte di Cassazione il testo di un quesito referendario che chiede l’abrogazione della legge n. 124 del 2008; ma dopo la presentazione del ricorso alla Consulta per la richiesta di un pronunciamento sulla legittimità della legge, sul versante opposto l’avvocatura dello Stato depositò una memoria in cui difendeva la ratio del lodo Alfano. La norma veniva definita “non solo legittima, ma addirittura dovuta”, perché in grado di coordinare due interessi: quello “personale dell’imputato a difendersi in giudizio” e “quello generale, oltre che personale, all’esercizio efficiente delle funzioni pubbliche” delle quattro alte cariche protette. A sostegno di questa tesi si schierò anche l’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, secondo il quale il lodo non costituiva un’immunità, e quindi come tale non sarebbe stata in contraddizione con il già citato art. 3 della Costituzione, ma solamente una garanzia necessaria a salvaguardare il “diritto di difesa” di un “cittadino che si trova ad essere imputato e, contemporaneamente, a rivestire un’alta carica dello Stato”.

 

Infine, il 7 ottobre 2009 il lodo Alfano veniva giudicato incostituzionale dalla Corte Costituzionale (9 voti contro 6) per violazione nel merito e nel metodo rispettivamente degli artt. 3 e 138 della Costituzione, con la motivazione che fosse necessaria una legge costituzionale per introdurre le immunità previste dal lodo. Questo giudizio è stato accolto dal centrodestra come un affronto al Presidente del Consiglio e alla democrazia italiana, mentre la sinistra si è detta favorevole al giudizio della Consulta ed il Presidente della Repubblica si è schierato a difesa della Costituzione accettando, senza commenti, il giudizio della Corte costituzionale.

 

(nella prossima puntata: il lodo Alfano “costituzionale”)

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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