Intervista ad Amelia Frascaroli

Pubblicato il 10 Dicembre 2010 alle 01:18 Autore: Matteo Patané

Se vincerà le primarie che genere di appoggio si aspetta dagli altri partecipanti? E nel caso non dovesse essere lei a vincere, sosterrà comunque la candidatura scelta dai votanti per la sua coalizione?

Certo. Lo dice anche il regolamento delle primarie, che prevede che il vincitore sia poi sostenuto dagli altri candidati. Io spero che tutti mettano a disposizione del prescelto dai cittadini il proprio bagaglio di conoscenza della città.

Lei non ha mai nascosto la sua fede religiosa. Crede che, nel momento in cui dovesse prendere decisioni su temi eticamente sensibili, risentirebbe di un conflitto di interessi interiore?

Io sono cattolica per scelta, educazione e maturazione personale. Ma a fianco di questo significato che do alla mia vita, e che cerco di trasmettere ai miei figli e di condividere con altri, metto però il fatto che sono chiamata a essere partecipe della sorte e del destino di tutti i cittadini. Se la politica è un servizio, allora deve essere laica, libera e di tutti. E poi non penso che le competenze di un sindaco arrivino a toccare temi etici.

Visti gli ultimi “scandali” personali che hanno colpito alcune personalità del centrosinistra, anche qui a Bologna, ritiene che il suo essere donna possa costituire un vantaggio sia alle primarie che alle eventuali elezioni amministrative?

Gli scandali riguardano le persone, non il fatto di essere uomo o donna. Io ritengo che il mio essere donna possa essere un valore aggiunto per quanto riguarda la capacità di capire veramente che cosa significa dover conciliare famiglia, figli e servizi da una parte e lavoro dall’altra.

Dopo aver parlato di Lei e delle primarie, parliamo di Bologna. Quali sono dal suo punto di vista le principali problematiche della città?

Bologna è una città che ha perso la capacità di dialogare e di connettere tra loro le varie realtà sociali, sindacali, imprenditoriali e culturali. In questi anni ognuno ha lavorato per conto proprio, interrompendo la tradizione della città di creare patti sociali, mentre invece una volta il Comune era pronto a fare da collettore. Questo è il capostipite di tutti i problemi.

Per molte persone di sinistra in Italia, Bologna non è solo il capoluogo dell’Emilia Romagna, ma la capitale di un modello sociale e di vita alternativo e spesso migliore di quello diffuso nel resto del Paese. Ritiene che Bologna possa ancora aspirare a tale ruolo di guida in Italia e, se sì, come rilanciare questa vocazione all’avanguardia e al laboratorio politico?

Bologna è stata per anni un modello perché ha saputo coniugare tra loro le varie forze e le varie realtà in campo. Ora invece incontro gente che costruisce iniziative di aggregazione autonoma, informale e auto-organizzata di tutti i tipi. Queste esperienze sentono da anni di non essere più né viste né interpretate, né valorizzate né trasformate in progetto politico. Bisogna ripartire da lì per rilanciare la città.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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