(il)legittimo impedimento?

Pubblicato il 8 Gennaio 2011 alle 00:12 Autore: Andrea Carapellucci
riforma della Giustizia tribunale

[ad]Nel nostro caso, secondo quanto riferito dalla stampa, l’Avvocatura ha sostenuto, con una memoria depositata a fine dicembre, che la legge si limiti a specificare e tipizzare le ipotesi di legittimo impedimento già previste da una legge ordinaria (il codice di procedura penale): essa non richiederebbe, pertanto, il procedimento di cui all’art. 138 della Costituzione e non costituirebbe una violazione del principio di eguaglianza.

Il ruolo di giudice relatore, incaricato di studiare a fondo la questione sotto tutti i profili giuridici e di relazionare in proposito ai colleghi nell’udienza e nella successiva camera di consiglio, è stato assegnato al prof. Sabino Cassese, classe 1935, insigne studioso di diritto amministrativo, già ministro nel governo di Carlo Azeglio Ciampi e da questi nominato, in qualità di Presidente della Repubblica, membro della corte nel 2005.

I giudici costituzionali vengono abitualmente (e brutalmente) divisi, dalla stampa, sulla base del loro orientamento politico. Attualmente, dei 15 giudici, otto sono ritenuti “di centro-sinistra” e sette “di centro-destra”. Secondo le più recenti indiscrezioni[7], all’udienza dell’11 gennaio potrebbe non essere presente, per motivi di salute, la prof.ssa Maria Rita Saulle. Essendo quest’ultima ascritta al centro-sinistra, la Consulta si dividerebbe a metà tra i due “orientamenti” (la stampa dà per scontato, naturalmente, che un giudice “di centro-destra” voterebbe per salvare la legge e viceversa). In caso di spaccatura, sarà il presidente Ugo De Siervo ad avere il voto determinante.

 

 

Le possibili decisioni

Secondo le indiscrezioni giornalistiche, il prof. Cassese avrebbe già fornito agli altri componenti della Corte una corposa relazione di circa 40 pagine nella quale si prospettano tre soluzioni: la dichiarazione di incostituzionalità, il rigetto della questione, e la sentenza interpretativa di rigetto, cui si è già fatto cenno.

In effetti, queste sono le tre soluzioni possibili in qualunque giudizio di costituzionalità. Nel primo caso, la Corte dichiarerebbe la legge incompatibile con l’art. 3, l’art. 138 o entrambi. Dal giorno successivo alla decisione, essa non potrebbe più trovare applicazione e pertanto tornerebbe ad applicarsi la normale disciplina sul legittimo impedimento prevista per tutti gli imputati. I giudici sarebbero quindi chiamati a decidere volta per volta sulle istanze di rinvio proposte da Silvio Berlusconi.

Nel secondo caso, i giudici dichiarerebbero “infondate” le questioni proposte. Tecnicamente, ciò non significa (al contrario di quanto viene abitualmente sostenuto) che la legge abbia ricevuto una “patente” di costituzionalità, ma soltanto che essa non è incostituzionale sotto i profili sollevati dal giudice, il quale non potrà rimettere nuovamente la questione alla corte con le medesime argomentazioni. Nel caso di specie è però presumibile che siano state sollevate tutte le questioni possibili (difficile credere che sia stato trascurato qualche profilo di incostituzionalità, considerando anche la recente giurisprudenza della Corte sui due “lodi Alfano”, in cui sono state analizzate a fondo questioni simili).

La terza ipotesi, la sentenza interpretative di rigetto, è quello che farebbe più discutere. Molti hanno sostenuto, infatti, che la Corte sia orientata ad una soluzione “pilatesca”, per non essere accusata di aver deciso le sorti dell’attuale legislatura (ammesso che dalla decisione possa effettivamente derivare qualche conseguenza politica).

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L'autore: Andrea Carapellucci

Analista giuridico di TP, si è laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino ed è dottorando in Diritto amministrativo presso l’Università degli Studi di Milano.
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