Federalismo fiscale: il pezzo mancante del meccanismo democratico

Pubblicato il 26 Gennaio 2011 alle 11:28 Autore: Francesca Petrini

Il federalismo municipale prevede anzitutto che l’Ici, già eliminata sulla prima casa, venga sostituita, a partire dal 2014, anche sugli altri immobili, dall’imposta municipale propria (c.d. Imu); la stessa Imu dovrà assorbire anche l’Irpef che ora si applica sui redditi delle seconde case. In secondo luogo, la riforma prevede l’approvazione di un decreto volto alla riorganizzazione della tassa sui rifiuti che dovrà prendere la forma di “imposta di scopo”, ovvero una tassa parametrata sulla superficie dell’abitazione ma anche sulla composizione del nucleo familiare e sulla rendita catastale. Inoltre, sempre a partire dal 2014, l’imposta di registro sui trasferimenti immobiliari, quella di bollo e quelle ipotecarie e catastali dovranno essere assorbite da una sola aliquota, pari al 9% per i beni immobili in genere e al 2% sulle prime case, escluse quelle di lusso, le ville ed i castelli. Sono previste poi norme relative a sconti per gli affittuari con figli a carico, compartecipazioni dei Municipi agli utili della lotta per l’emersione degli “immobili fantasma” sconosciuti al catasto, e pene più dure per chi non dichiara redditi da locazione. Da ultimo, ma non meno importante, c’è l’introduzione della c.d. cedolare secca sugli affitti che, se approvata, avrà efficacia a partire dal mese di gennaio in corso: si prevede la possibilità che sugli immobili dati in affitto a uso abitativo, anziché pagare l’attuale Irpef, applicata sull’85% della pigione, e l’imposta annuale di registro, ovvero il 2% dell’incasso, si opti per un prelievo fisso del 23%, che può scendere sino al 20% se il contratto è del tipo di quelli “calmierati”.

Del complessivo processo di riforma del fisco, ciò che più appare difficoltoso è però la determinazione dei c.d. costi standard, ovvero la definizione di un budget di risorse medio necessario alle amministrazioni locali per poter adempiere alle loro funzioni fondamentali, e dunque poter garantire alla cittadinanza un adeguato livello quantitativo e qualitativo nell’offerta di servizi essenziali. In sostanza, bisognerà determinare una sorta di “costo efficiente” dei servizi, di modo che siano individuati quei giusti livelli di finanziamento dei servizi indispensabili, ovvero sia garantito a tutti, anche laddove il fisco locale non è abbastanza generoso, il diritto di cittadinanza. Per svolgere questo compito, il Governo ha incaricato una società privata, SOSE – Società per gli Studi di Settore Spa, che insieme all’Ifel (Istituto dell’Anci per la finanza e l’economia locale), investito del ruolo di “partner scientifico”, dal prossimo 31 gennaio farà partire un programma di rilevamento dati che coinvolgerà Comuni, Province e Unioni di Comuni, ad esclusione solo di quelli appartenenti alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e Bolzano, i quali saranno chiamati a collaborare attraverso la compilazione di questionari che, una volta elaborati, dovranno definire una cifra “reale” in merito ai costi standard delle amministrazioni locali. In conclusione, la partita del federalismo fiscale e solidale, che non spezzi in due l’Italia ma rrestituisca potere decisionale ai livelli più bassi di governo e più vicini ai cittadini ed alle loro volontà, si gioca tutta qui.

 

 

 


Si veda l’art. 5 del D.lgs. n. 216 del 26 novembre 2010.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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