Milleproroghe, l’ippopotamo costituzionale
Infine, superato anche l’ultimo passaggio formale, la conversione del decreto milleproroghe è stata pubblicata sul supplemento ordinario n. 53 della «Gazzetta Ufficiale» n. 47 del 26 febbraio. Dopo il via libera definitivo di palazzo Madama, che ha approvato sabato il provvedimento con 159 voti favorevoli, 126 contrari e 2 astenuti, il testo è stato firmato dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ed il mileproroghe è oggi legge (la numero 10 del 2011, entrata in vigore da domenica 27 febbraio). Degno di nota è il comunicato del Presidente della Repubblica con cui si prende atto “dell’impegno assunto dal Governo e dai Presidenti dei gruppi parlamentari di attenersi, d’ora in avanti, al criterio di una sostanziale inemendabilità dei decreti-legge. Si tratta di una affermazione di grande rilevanza istituzionale che vale – insieme alla sentenza n. 360 del 1996 con la quale la Corte costituzionale pose fine alla reiterazione dei decreti-legge non convertiti nei termini tassativamente previsti – a ricondurre la decretazione d’urgenza nell’ambito proprio di una fonte normativa straordinaria ed eccezionale, nel rispetto dell’equilibrio tra i poteri e delle competenze del Parlamento, organo titolare in via ordinaria della funzione legislativa, da esercitare nei modi e nei tempi stabiliti dalla Costituzione e dai regolamenti parlamentari”. Prassi degenerative come quella appena descritta con riferimento al decreto millepororoghe, infatti, potrebbero compromettere la stessa credibilità del nostro sistema parlamentare: condizionato da gravi distorsioni delle procedure legislative e, pertanto, impossibilitato a dispiegare pienamente la sua funzione, il Parlamento, rischia di perdere prestigio e consenso tra i cittadini e, in definitiva, di cadere in una spirale delegittimante utile solo ad alimentare il già diffuso senso di sfiducia per la rappresentanza politica e le istituzioni dello Stato democratico che aleggia nel paese.