Dossier: la riforma della Giustizia

Pubblicato il 12 Marzo 2011 alle 12:08 Autore: Francesca Petrini
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Ancora degno di nota è l’articolo 16 che riguarda la “responsabilità civile” dei magistrati; al momento esso recita così: “I magistrati sono direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti al pari di altri funzionari e dipendenti dello Stato. La legge espressamente disciplina la responsabilità civile dei magistrati…”. Ci si domanda dunque se ad oggi, a fronte di gravi errori commessi da giudici, il cittadino sia lasciato a se stesso; in realtà non è così, esiste infatti una responsabilità del giudice di tipo indiretto che può essere fatta valere da parte del cittadino intentando causa allo Stato, il quale a sua volta cita eventualmente in giudizio il giudice. Stando a quanto riportato dai giornali e dall’Anm, ad oggi le richieste di risarcimento per colpa o ingiusta detenzione sono oltre 1000 l’anno, senza tener conto di quelle intentate ai sensi della legge Pinto sulla ragionevole durata dei processi, per cui giacevano alla Corte europea 475 casi ancora a dicembre 2010. Inoltre, come sottolineato dal presidente dell’Anm Luca Palamara, anche a fronte del dato secondo cui nell’ultimo decennio solo l’1,3% dei magistrati è stato colpito da rimozioni per gravi illeciti disciplinari, la riforma della giustizia, “colpendo sulla responsabilità civile altro non fa che tentare di mettere in ginocchio l’autonomia dei magistrati”.

A tale riguardo, è bene ricordare che nel 1987 si tenne un referendum (il c.d. “referendum Tortora”), su iniziativa di Radicali, Pli e Psi, volto ad ottenere che il giudice che avesse arrecato, con dolo o colpa grave, un danno al cittadino fosse tenuto a risponderne sul piano civile: si trattava, in sostanza, di abrogare gli articoli 55, 56 e 74 del codice di procedura civile, che consentivano al magistrato di non rispondere in sede civile dei suoi errori, come invece succede per qualunque altro funzionario dello Stato. Oltre l’80% dei cittadini votò in modo favorevole all’abrogazione. Subito dopo l’abrogazione dei citati articoli del codice di procedura civile disposta a seguito del referendum, però, il Parlamento approvò la cosiddetta “legge Vassalli”, votata da Pci, Psi e Dc, che stravolse il risultato del medesimo referendum e il principio stesso della responsabilità personale del magistrato, per affermare quello, opposto, della responsabilità dello Stato. La «legge Vassalli», infatti, prevede che il cittadino che abbia subito un danno ingiusto a causa di un atto doloso o gravemente colposo da parte di un magistrato non possa fargli causa, ma debba invece chiamare in giudizio lo Stato e chiedere a esso il risarcimento del danno. Se poi il giudizio sarà positivo per il cittadino, allora sarà lo Stato a chiamare a sua volta in giudizio il magistrato che, a quel punto, potrà essere chiamato a rispondere in prima persona, ma solo entro il limite di un terzo di annualità di stipendio.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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