Gli interessi italiani nella crisi libica

Pubblicato il 19 Marzo 2011 alle 00:02 Autore: Francesca Petrini

Infine, solo negli ultimi giorni, il gruppo bancario è arrivato alla decisione ultima di bloccare quel 7% delle azioni in mano a Gheddafi. Secondo le note rilasciate, il provvedimento riguarderebbe i soli diritti amministrativi (il diritto di voto) e quelli patrimoniali (il pagamento dei dividendi), senza impatti sulla governance. Ma, al di là dei problemi di gestione aziendale, cosa comporta questa misura? Che “rischio” introduce nella nostra economia, come degli altri partner commerciali del Medio Oriente, ferma restando l’indiscutibile “obbligatorietà” di un provvedimento siffatto? Di fondo, il congelamento delle quote libiche si giustifica con l’intento di impedire che qualcuno, probabilmente in appoggio al Governo di Gheddafi, possa muovere il patrimonio vendendo le quote e ripartendo i proventi tra differenti conti, personali o aziendali che siano. E se questa considerazione appare pacifica, diversamente, non essendoci ancora un governo legittimo a Tripoli, non vi è certezza su chi possa disporre delle partecipazioni in questione. Ad ogni modo, è possibile ipotizzare che una decisione simile, per quanto legittima, abbia il potere di alterare i rapporti con gli altri partner commerciali i quali, attraverso i fondi sovrani, e spesso approfittando delle incerte e fluttuanti situazioni finanziarie in cui da tempo versano le economie occidentali, investono e si arricchiscono nelle economie dei paesi occidentali. Potrebbe facilmente accadere che questa soluzione crei un effetto di trascinamento tale da portare alcuni partner commerciali a considerare investimenti più sicuri, longevi, soprattutto sull’onda del crescente malcontento popolare degli Stati del medio Oriente: potrebbe pertanto verificarsi una realtà nella quale alcuni Paesi intendono dirottare le proprie ricchezze verso altre destinazioni, verso i Paesi emergenti e addirittura verso il proprio mercato domestico. Ipotesi che di certo non gioverebbe agli equilibri già abbastanza incerti della nostra economia.

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Rimane da chiedersi come verranno effettivamente gestiti i titoli dei fondi sovrani, se e a quale condizione verranno sbloccati. In presenza di un Governo “amico”? E se sì, “fino a che punto” potrebbe essere considerata una grave ingerenza all’interno di quei Paesi con cui, probabilmente in maniera poco ponderata, abbiamo tessuto i rapporti esteri più consolidati negli ultimi anni? Quella del Governo italiano, relativamente all’estensione delle entità libiche a cui imporre restrizioni finanziarie, appare essere una decisione sofferta, inevitabilmente presa sotto l’occhio vigile dell’Unione europea. Vedremo in futuro come risolvere i nodi di un trattato di amicizia che, appena rinnovato, oggi crea in tutti un palese imbarazzo, al pensiero dei baciamano al dittatore del XXI secolo, più che mai estraneo a ogni riferimento culturale ai valori della democrazia costituzionale.

(scritto con Elisa Rinelli)

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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