Il Vaticano e l’omofobia

Pubblicato il 7 Aprile 2011 alle 11:22 Autore: Matteo Patané
omofobia

 

Dal punto di vista meramente formale è innegabile che l’Arcivescovo Tomasi sia stato ineccepibile. La Convenzione di Vienna riporta, all’articolo 31:

 

 

 

1. A treaty shall be interpreted in good faith in accordance with the ordinary meaning to be given to the terms of the treaty in their context and in the light of its object and purpose.

 

 

4. A special meaning shall be given to a term if it is established that the parties so intended.

 

 

 

 

Al tempo stesso, l’idea dell’orientamento sessuale definito in base al pensiero e non al comportamento ha riscontro in svariati riferimenti bibliografici, tra cui www.equalityhumanrights, il documento dell’ILO ABC OF WOMEN WORKERS’ RIGHTS AND GENDER EQUALITY o la relazione di Amnesty International CRIMES OF HATE, CONSPIRANCY OF SILENCE.

 

 

 

Sulla base di queste premesse l’arcivescovo Tomasi costruisce il suo percoso logico: la definizione di orientamento sessuale, ovvero del diritto dell’uomo definito dalla Convenzione di Vienna, si limita a sentimenti e pensieri. Solo sentimenti e pensieri in termini di preferenza sessuale possono essere definiti un diritto, e non i comportamenti. In effetti, continua Tomasi, è innegabile come la legge non possa intervenire per censurare e punire deviazioni sessuali quando queste sono allo stadio di desiderio, ma può farlo e lo fa quando si esplicano a livello di comportamento; l’Arcivescovo cita incesto e pedofilia, due esempi abbstanza forti.

Come secondo pilastro del suo ragionamento, Tomasi porta il concetto di volontarietà dell’orientamento sessuale: la separazione tra l’identità personale e la sessualità diventa quindi motivo ulteriore per non considerare i comportamenti sessuali come diritti dell’uomo, relegandoli al rango di azioni volontarie e quindi soggette alla legge.

Poiché i comportamenti sessuali sono censurabili e non sono oggetto della Convenzione di Vienna, diventano a loro volta violazioni dei diritti dell’uomo le leggi contro l’omofobia e in generale gli atteggiamenti antiomofobi, in quanto lesivi del diritto di libertà di espressione e libertà di religione di chi crede che l’omosessualità sia una malattia o comunque una forma deviata e innaturale di sessualità.

Il messaggio di fondo delle opinioni e intenzioni vaticane è quindi evidente: non solo l’omosessualità dovrebbe essere da regolare legalmente alla stregua di pedofilia e incesto, ma le leggi contro l’omofobia devono intendersi al contrario come delle limitazioni alla libertà di espressione.

Il costrutto logico dell’Arcivescovo appare però costruito su misura per le tesi che intende dimostrare, e tralascia alcuni aspetti che di fatto possono e devono essere presi in considerazioni prima di arrivare alle conclusioni.

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L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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