Visita medico legale per cambio mansioni: è obbligatoria?

Pubblicato il 7 Settembre 2020 alle 13:08
Aggiornato il: 29 Settembre 2020 alle 16:58
Autore: Claudio Garau
Visita medico legale per cambio mansioni: è obbligatoria?

Cambio mansioni e visita medico legale: è obbligatoria?

Come ben sappiamo, il contratto di lavoro prevede tutta una serie di diritti e doveri, sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Ce ne siamo occupati più volte ed ovviamente continueremo a farlo: qui di seguito, in particolare, vogliamo vedere più da vicino cosa dice la legge in merito all’ipotesi visita medico legale, nei confronti del lavoratore, per il cambio mansioni. Quali sono gli aspetti essenziali cui far riferimento e cosa è auspicabile che il lavoratore ricordi in proposito? Ma soprattutto, tale visita è obbligatoria?Vediamolo.

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Occorre subito ricordare un dettaglio non di poco conto: il datore di lavoro ha diritto di modificare le mansioni affidate al proprio lavoratore, a patto però di non ricadere nel demansionamento. Tuttavia, obbligo del datore è verificare che il lavoratore possa essere ritenuto fisicamente idoneo alle nuove mansioni decise dall’alto, ovvero è necessario controllare che il suo stato di salute complessivo sia compatibile con le nuove mansioni.

Visita medico legale per cambio mansioni: è obbligatoria?

Il diritto del lavoro ci ricorda che le mansioni consistono in quell’insieme di attività e prestazioni che il lavoratore è chiamato a svolgere, in esecuzione del contratto di lavoro, ed in ragione delle quali ha diritto alla retribuzione. Le mansioni sono un elemento essenziale del contratto di lavoro e non possono dunque non essere menzionate nel testo del contratto stesso: anzi, così come recita l’art. 2103 del Codice Civile (dal titolo “Prestazione del lavoro“): “Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte“.

Il lavoratore risulta insomma garantito da questa disposizione di legge e, parafrasando quanto appena esposto, il datore può certamente modificare in modo unilaterale le mansioni – quel che il gergo si dice ius variandi – ma a patto che le nuove mansioni affidate siano comunque riconducibili all’identico livello di inquadramento di quelle già previste nel testo del contratto individuale di lavoro.

Il punto è che laddove il datore di lavoro decida per il cambio mansioni, la valutazione dell’idoneità psico-fisica del lavoratore rispetto a queste nuove prestazioni, va comunque svolta: infatti, il Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro prevede l’obbligo per il quale, attraverso il medico competente, il datore di lavoro deve compiere la sorveglianza sanitaria verso ciascun dipendente. In concreto, ciò significa che il lavoratore va visitato da un medico per capire se le mansioni descritte in contratto sono di fatto eseguibili dal lavoratore, senza controindicazioni. Ma soprattutto, ciò significa che il capo deve controllare se, in caso di cambio mansioni, il lavoratore è comunque considerabile fisicamente idoneo.

Tradotto in termini pratici, l’obbligo gravante sul datore comporta che, in caso di cambio mansioni, va richiesta ed eseguita una nuova visita del medico designato per capire se c’è compatibilità tra nuove mansioni e stato di salute del dipendente; non serve dunque una visita medico legale.

Anzi, particolare tutela è riconosciuta al lavoratore, dato che se il datore di lavoro non rispetta detto obbligo e non si attiva per predisporre la visita del medico, il lavoratore può legittimamente rifiutare le nuove mansioni, senza rischi di licenziamento. Questo essenziale punto a favore del dipendente, è stato oggetto di una significativa sentenza della Corte di Cassazione, che ha escluso che sia il lavoratore a dover dimostrare di essere inidoneo alle nuove mansioni assegnate.

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Concludendo, se in considerazione del suo rifiuto verso le nuove mansioni, il lavoratore venisse comunque licenziato, per questi sarebbe comunque possibile veder accolte le proprie ragioni innanzi al giudice del lavoro, con il risultato che il licenziamento verrebbe dichiarato illegittimo dal magistrato e il lavoratore potrebbe certamente continuare a lavorare presso lo stesso datore. Spetta infatti a quest’ultimo provare di aver fatto svolgere la detta visita del medico competente: in mancanza l’eventuale licenziamento non ha dunque valore.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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