Dossier: la legge e il fine vita

Pubblicato il 19 Aprile 2011 alle 10:20 Autore: Francesca Petrini
fine vita

I rilievi costituzionali maggiormente significativi che possono svolgersi, si concentrano sul disposto di cui all’articolo 3 che, rubricato “Contenuti e limiti delle DAT”, sebbene riformulato dalla XII Commissione affari sociali della Camera, appare ancora il più controverso di tutto il progetto. Come già altrove rilevato, il comma 2 dell’articolo in esame tratta espressamente di “attivazione e non attivazione” di trattamenti e non tiene assolutamente in debito conto tutti quei casi in cui un cittadino invece vorrebbe non proseguire una determinata cura o interromperla. Questo punto è stato sottolineato anche dal professor Vittorio Possenti, membro del Comitato nazionale di bioetica, in un recente articolo, il quale ha sostenuto la necessità di prevedere all’interno della DAT non solo la possibilità di rifiutare, ma anche quella di rinunciare: si tratta di un elemento ancor più fondamentale all’interno di un ddl che prevede che la DAT non si applichi in condizione di urgenza o di pericolo di vita del paziente (articolo 4, comma 6), casi che per definizione esprimono la ratio stessa di una disciplina di tal fatta. Inoltre, in una materia così delicata, al confine tra etica e diritto, si sottolinea la necessità di usare prudenza da parte del legislatore allorché decida di “tipizzare” i contenuti possibili delle DAT in quanto una tale specificazione, se non dichiaratamente effettuata a scopo esemplificativo, rischia gravemente di circoscrivere e limitare la libertà del soggetto di autodeterminarsi in ambito sanitario.

Il nodo più controverso e dibattuto del ddl 2350 fa riferimento al comma 5 dell’articolo 3 che recita: “Anche nel rispetto della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, fatta a New York il 13 dicembre 2006, l’alimentazione e l’idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze fino alla fine della vita. Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento”. Anzitutto è inappropriato e forse “strumentale” il riferimento alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone disabili, come pure specificato dalla Commissione affari esteri nel parere che ha formulato. La citazione della Convenzione non rafforza né giustifica il disposto relativo all’alimentazione e all’idratazione ma, semmai, vi contrasta in pieno: proprio perché chi è in stato vegetativo deve essere considerato al pari di un disabile, si devono evitare assolutamente le discriminazioni, che si verificano invece quando gli si impedisce di autodeterminare la propria sorte attraverso una DAT. L’articolo 3, comma 5 sembra poi costituire l’aspetto peggiore di questo ddl per quanto riguarda la disciplina del NIA: nutrizione e idratazione artificiali, secondo la lettera della legge, devono essere mantenute fino al termine della vita, ad eccezione del caso in cui le medesime risultino non più efficaci nel fornire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo. Inoltre, l’ultimo periodo del comma 5, stabilendo che “Esse non possono formare oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento”, impone di fatto il NIA fino alla morte del paziente e quindi sostanzialmente sancisce un obbligo di trattamento, senza eccezioni e senza possibilità di valutazione da parte del medico curante. Ad ogni modo, se è vero che si possono riscontrare posizioni ondivaghe sia in dottrina che in giurisprudenza con riferimento alla qualificazione del NIA quale trattamento sanitario suscettibile di essere nella disponibilità del paziente in base alla regola del consenso informato o quale cura di base indisponibile da parte dell’interessato, due sono i profili di ipotetica incostituzionalità rilevabili con riferimento a quanto previsto dal comma 5 dell’art. 3 del ddl 2350.

(per continuare la lettura cliccare su “4”)

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
Tutti gli articoli di Francesca Petrini →