Una fetta di torta e una tazza di tè con il capo della Gestapo

Pubblicato il 13 Ottobre 2020 alle 13:31 Autore: Nicolò Zuliani

Una storia vera che lascia molti interrogativi sul male, la sua attrattiva e i suoi metodi.

È un mese che ti tengono in cella. Sei un pilota americano di alto livello, e ti prepari al peggio. I media e il comando ti hanno raccontato e mostrato nei dettagli cosa sono gli interrogatori della Gestapo. Forse hai anche sentito testimonianze degli orrori, delle torture e delle privazioni a cui sono sottoposti i prigionieri. Tu hai, in effetti, informazioni importanti. Tattiche e segreti militari che, nelle mani nemiche, causerebbero un sacco di morti tra i tuoi.

Sei chiuso in una cella di un metro per due e aspetti.

Attorno senti urla, pianti, odori e suoni ben poco rassicuranti. Sei terrorizzato all’idea di soffrire, ma anche di tradire i tuoi compagni, il tuo popolo e alla fine, la tua famiglia. Dopo tre giorni si apre la porta; tre ufficiali delle SS ti guardano molto, molto male, dicono qualcosa che non capisci, t’infilano un cappuccio in testa e ti riempiono di botte fino a farti svenire.

Quando ti svegli, non sei più in una cella. Anche l’odore è diverso. Non hai più le mani legate. Senti da qualche parte una donna che canticchia, e i passi di corsa di bambini. Ti togli il cappuccio e la prima cosa che vedi è questa.

«Buongiorno» senti dire alle tue spalle, con accento tedesco.

Ti volti e vedi un ragazzo della tua età, in abiti civili. Sorride e ti mostra il tavolo. C’è una tazza di tè e della torta.

Non mangi da una settimana e senti la saliva in bocca, ma rifiuti. Lui allora t’invita a fare una passeggiata. Sono tre settimane che non vedi la luce del sole, e vuoi capire dove sei. Accetti. Fuori non ci sono sentinelle né armi. Solo questo.

Potresti metterti a correre. Potresti spezzare il collo a quel ragazzo, ma sei deperito e non capisci niente. Mentre passeggiate nel paradiso terrestre, tra odore di pino, muschio e legna bruciata, lui tende la mano e si presenta: si chiama Hanns Sharff.

Nei giorni successivi tu mangi, bevi, conosci la sua famiglia e recuperi le forze. Non ti viene fatta alcuna domanda, e quando ne fai tu ricevi risposte chiare e precise. Sei lì perché lui ha chiesto e ottenuto di farti portare a casa sua. La donna che canta in sottofondo si chiama Margaret Stokes, è una sudafricana. Te la presenta, è dolce e gentile. Dice che suo marito voleva conoscerti e ha sentito parlare di te. Tu dici che non hai niente da dire, e non c’è problema: parla lui.

Durante lunghe, rilassanti passeggiate nel bosco.

Scharff è nato nel 1907 nell’est della Prussia, anche se ora è Polonia. Suo padre era un ufficiale pluridecorato ucciso durante la Grande guerra, cosa di cui Hanss è molto orgoglioso. Sua madre lavorava nel tessile e lui se la passava bene, così si era iscritto alla scuola d’arte. È la sua passione, e per giorni non parlate d’altro. Arte degli antichi, contemporanea, estera. Visioni e filosofie occidentali e le loro differenze.

Non che Hanns sia un artista, anzi. Finita scuola era entrato nel settore tessile e si era dato all’import-export. Le stoffe sono la sua seconda passione; siete entrambi uomini del ‘900 e apprezzate i completi, il taglio, i tipi di stoffe. Lui vendeva stoffe in Sudafrica, dove ha conosciuto sua moglie, figlia di un pilota caposquadra della RAF.

Per questo parla così bene la tua lingua.

Poi erano arrivati i problemi

Nel 1939 lui e sua moglie erano in vacanza a Greiz, in Germania, quando scoppia la seconda guerra mondiale. Non se ne possono andare e sono bloccati lì. Lui trova lavoro a Berlino, ma è costretto ad arruolarsi. Non ne ha la minima voglia, dato che vogliono spedirlo sul fronte orientale, verso la Russia – e la morte certa. Sua moglie va fuori di testa: non vuole un marito morto, ed è comunque sprecato come carne da cannone.

Ci pensa lei.

Tarma a sangue tutti i centri d’arruolamento cercando di convincerli che suo marito parla bene inglese e può fare da interprete. Trova un generale intelligente che manda alla Panzer division un telegramma il giorno prima della partenza: lo ricollocano alla 12° compagnia, a Wiesbaden. Sembra in salvo, ma non è finita. Sceso in stazione chiede alla polizia indicazioni, loro non sanno rispondergli e per sicurezza lo mandano in un battaglione che sta partendo per il fronte orientale.

Si salva per la seconda volta telefonando a un ufficiale che era stato agli ordini di suo padre. Lui, come favore personale, telefona al colonnello della divisione e Hanss si salva per la seconda volta.

Nella 12° si dimostra zelante e capace, tanto da annoiarsi; nel tempo libero fa i conti in tasca al reparto e fa notare gli sprechi e gli errori. Il generale se la prende a male e decide di levarselo di torno, così lo spedisce al centro interrogatori della Luftwaffe a Oberursel. Anche lì serve da interprete, e di sicuro non si annoierà né avrà tempo per fare le pulci agli uffici.

Ha ragione.

Per mesi, Hanns assiste a cose abominevoli ed è bloccato ai gradi inferiori, finché l’intera catena di comando viene abbattuta e uccisa in una battaglia aerea. È appena diventato capo interrogatori. Hanns però non ha perso la passione per tenere i conti, e si è accorto che le tecniche della Gestapo sono uno spreco di tempo inaudito. Gli uomini torturati arrivano a dire le cose più disparate per fermare il dolore, e verificarle è uno spreco di tempo enorme.

Lui opta per un altro approccio

Si siede dicendo di conoscere già tutte le informazioni, ma che l’alto comando, composto da gente rozza e violenta, non gli crede. Devono averle di prima mano. Chiacchierando di tutto e nulla, facendo dimenticare agli uomini l’orrore della guerra, gli diventa amico. Ottiene quello che vuole sapere in un terzo del tempo, e senza errori né perdite. I vertici si accorgono del suo talento e gli lasciano sempre più libertà.

Il pallone di suo figlio viene calciato da molti dei più prestigiosi piloti americani e inglesi catturati, tra cui Francis Gabreski. Di oltre 500 prigionieri catturati, solo una dozzina non parla. Degli altri ottiene dossier estesi: nomi delle famiglie, indirizzi, abitudini dei piloti dentro e fuori dalle basi, tutte informazioni che finiscono nelle mani di spie e infiltrati nazisti.

A guerra finita, Hanns non viene processato a Norimberga né sente il bisogno di scappare in sudamerica. Non c’è nessuno che lo accusi, anzi, tutti i piloti hanno un ottimo ricordo di lui, tanto che nel 1948 viene chiamato negli Stati Uniti per interrogare Martin J. Monti, che aveva disertato in Germania nel 1944.

Non tornerà mai in Germania, ma farà arrivare sua moglie e suo figlio negli Stati Uniti dove insegna le sue tecniche d’interrogatorio, e in cambio ottiene il permesso di dedicarsi alla sua grande passione: ristrutturare mosaici con la sua azienda, Sharff&Sharff, fondata con sua nuora, che esiste tutt’oggi.

Buona parte dei mosaici negli Stati Uniti li ha fatti o risistemati lui.
Muore nel 1992, ma le sue tecniche vengono usate, insegnate e studiate tutt’oggi. Obama, dopo lo scandalo di Abu Ghraib, ha lanciato l’High Value Interrogation Group dell’FBI: un programma inventato da un nazista nel 1940.

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Nicolò Zuliani

Veneziano, vivo a Milano. Ho scritto su Men's Health, GQ.it, Cosmopolitan, The Vision. Mi piacciono le giacche di tweed.
Tutti gli articoli di Nicolò Zuliani →