Costituzione, sovranità, democrazia

Pubblicato il 28 Aprile 2011 alle 07:07 Autore: Francesca Petrini
costituzione

Tecnicamente parlando, a leggere il testo della proposta Ceroni ci si rende facilmente conto di come essa sia mal strutturata e male articolata. Si noti infatti che i primi 12 articoli della Costituzione, come sostenuto da dottrina maggioritaria, concernono i principi fondamentali della Repubblica, considerati intangibili e pertanto immodificabili – si escluda adesso il caso dell’espresso divieto di revisione della forma repubblicana ex art. 139 Cost. –, mentre tutta la prima parte della Carta fondamentale riguarda i c.d. diritti e doveri dei cittadini: dunque, come pensare di intervenire sugli aspetti legati alla centralità del Parlamento modificando questa parte della Costituzione, piuttosto che porre attenzione sulla seconda parte, ovvero in particolare gli articoli 55 e seguenti, evidentemente atti a dettare e a definire valori e meccanismi istituzionali? E non a caso allora, riflettendo sul senso di certe proposte che vengono dalla maggioranza, ci si limita a riportare la cronaca di un ennesimo – e in questo caso, aggiungeremo, piuttosto azzardato ed incosciente – tentativo di stravolgimento dell’ordine costituito del nostro Stato di diritto, anziché di una seria e ponderata proposta di riforma costituzionale che, per sua definizione e natura, deve fondarsi sulla premessa di un patto tra le parti che si riconoscono legittimità e rispetto politico tra loro.

Ora, trattando del merito della questione, che l’Italia sia una democrazia parlamentare è noto ai più; che essa poi si caratterizzi per essere una democrazia rappresentativa, ovvero fondata sui tre pilastri del suffragio universale, del primato della Costituzione e della separazione dei poteri, dovrebbe essere altrettanto noto. Stante ciò, non si capisce il senso della proposta di modifica dell’articolo 1, e pare quindi che un rappresentante del Parlamento – e forse non solo uno – non abbia inteso il senso della differenza fra democrazia costituzionale e democrazia assoluta: se con il potere del voto popolare è possibile scalzare il primato della Costituzione e il principio della separazione dei poteri, sarà allora facile intuire come rapido e diretto è il percorso di trasformazione dell’ordinamento tutto verso quella che Alexander De Tocqueville, studiando l’equilibrio fra libertà individuale e potere democratico, definì (nel saggio La democrazia in America, scritto fra il 1832 e il 1840) “tirannia della maggioranza”, altrimenti detta democrazia assoluta ovvero dittatura parlamentare.

È bene allora soffermarsi a riflettere su ciò che primariamente significhi Costituzione. “Costituzione” di per sé è un concetto neutro che esprime la natura fondamentale e costitutiva di certe regole rispetto all’organizzazione della società: regola base dell’organizzazione sociale potrebbe anche semplicemente essere: “il potere è in mano al Re”. Di fatto, però, si parla di Costituzione solo a partire dal momento in cui nasce un patto fra cittadini – dunque non più sudditi – con il quale si intende limitare il potere e, allo stesso tempo, garantire i diritti. Un rapporto strettissimo corre fra questo concetto di Costituzione e quello di democrazia: è nelle Carte fondamentali che per la prima volta si sancisce il c.d. principio democratico, ovvero quel principio secondo cui tutti cittadini hanno diritto di concorrere alla formazione della volontà collettiva e all’elezione di almeno alcuni degli organi investiti dei poteri supremi. Dunque la sovranità è del popolo, e questo deciderà utilizzando il metodo più semplice ed immediato che esiste: il criterio numerico della maggioranza. Tutto ciò è valido e corretto; ma se ci si ferma a questo stadio dell’evoluzione del diritto e della società ci si troverà di fronte ad una democrazia assoluta. Quando normalmente ci si riferisce a sistemi democratici, infatti, si suole intendere democrazia costituzionale, ovvero ordinamenti fondati su Carte costituzionali che limitano il potere, distribuendolo e stabilendo le forme del suo legittimo esercizio. Ciò è proprio quello che fa l’articolo 1 della nostra Carta fondamentale: che la sovranità del popolo si debba esprimere “nelle forme e nei limiti della Costituzione” significa dunque temperare il criterio numerico della maggioranza, di modo che questa possa esprimersi liberamente, senza però discostarsi dalla tutela di valori ed interessi non solo propri.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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