Assistenza domiciliare Covid e obblighi medici di base: il Tar Lazio sul punto

Pubblicato il 20 Novembre 2020 alle 13:22 Autore: Claudio Garau
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Assistenza domiciliare Covid: obblighi medici di base e quando va fatta

La gestione dei casi di contagio da Covid sul territorio italiano e la rete organizzativa degli operatori in campo medico, come dottori ed infermieri, sono aspetti cruciali della lotta al famigerato virus, in attesa di giungere all’utilizzo del vaccino. In questi difficili mesi, in cui ciascuno ha dovuto fare la sua parte per limitare i rischi e per arginare l’incremento della curva epidemiologica, anche la giustizia, in particolare quella amministrativa, è intervenuta con una pronuncia che vogliamo qui ricordare, per la indubbia rilevanza che manifesta in tema di assistenza domiciliare Covid e obblighi gravanti sui medici di base. Vediamo dunque più nel dettaglio.

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La causa su cui ha deciso il Tar Lazio, con il provvedimento n. 11991 di quest’anno, vedeva in gioco le richieste del Sindacato dei Medici italiani contro la Regione Lazio, in tema di gestione e organizzazione delle risorse sul territorio. In particolare, il Sindacato sosteneva che assegnare ai medici di medicina generale il compito di assistenza domiciliare Covid non è compatibile con la normativa emergenziale applicata estesamente in questi ultimi mesi. In buona sostanza, secondo detta associazione, i malati di coronavirus che permangono a curarsi in casa, debbono essere assistiti, in via esclusiva, dalle cosiddette Unità Speciali di Continuità AssistenzialeUSCA – ovvero delle strutture che non si affiancano ai medici di base nella lotta al virus, ma che li sostituiscono nell’occuparsi dell’assistenza domiciliare Covid.

La tesi del Tar Lazio, che ha dato ragione al Sindacato, riconosce dunque che i medici di base debbono continuare ad occuparsi delle mansioni di assistenza ordinaria nei confronti dei loro pazienti, anche e soprattutto in considerazione di due fattori:

  • i malati Covid che restano a casa non hanno bisogno di un’assistenza continua, come invece se ricoverati in ospedale;
  • i pazienti non Covid potrebbero subire dei ritardi nelle cure, e quindi dei danni alla salute, se il medico di base si trova impegnato con l’assistenza domiciliare Covid.

Ragioni di carattere pratico ed organizzativo hanno dunque spinto il Tar Lazio verso questa significativa pronuncia, che sicuramente sarà di orientamento e richiamerà gli operatori del settore medico ad una più ponderata ed equilibrata suddivisione dei compiti.

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E’ chiaro che la generalità dei medici ha accolto con soddisfazione la sentenza del Tar Lazio, sottolineando che già nella legge è previsto l’obbligo di utilizzo esclusivo delle USCA in ipotesi di assistenza domiciliare Covid. E nelle circostanze in cui dette strutture non dovessero bastare, in rapporto al numero di casi in un certo territorio, la Federazione ha fatto notare che la responsabilità andrebbe ricercata non nei medici, ma nella Regione, ovvero in carenze organizzative imputabili a detto ente.

La parte avversaria nella controversia in questione, ovvero Regione Lazio, intende tuttavia proseguire la guerra legale andando al grado successivo di giudizio, il Consiglio di Stato. Infatti, sostiene la tesi per la quale, in mancanza dell’apporto dei medici di base, gestire migliaia e migliaia di persone malate con assistenza domiciliare Covid, non è possibile attraverso i soli USCA. Vedremo nel prosieguo quali saranno le valutazioni del massimo organo di giustizia amministrativa.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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