Le elezioni italiane del 1994 e l’ascesa di Silvio Berlusconi

Pubblicato il 5 Aprile 2020 alle 17:07 Autore: Alessandro M. Alaimo

Il 29 marzo del 1994 la storia d’Italia è cambiata del tutto. Il Paese che fino a quel momento era stato monopolizzato dal centrismo sfrenato della Democrazia Cristiana (DC) e dagli storici avversari divenne maceria. L’elezione di Silvio Berlusconi come Presidente del Consiglio dei Ministri fu soltanto la punta dell’iceberg di un processo politico, economico e sociale che ha risentito fortemente degli eventi che hanno smosso il mondo in quegli anni.

L’ascesa del “cavaliere nero” è cominciata nei primi anni Ottanta, quando il Paese si ritrovò a vivere un periodo di grande crescita economica che produsse numerosi sviluppi tecnologici nella società civile, proprio come quella della televisione commerciale. La crescita economica, che fu la costante di tutta la presidenza craxiana, subì una brusca frenata nel 1987 con una crisi economica di portata mondiale che in Italia produsse la fine del “boom” economico.

Gli anni che portarono alla fine della “repubblica dei partiti” furono anni di vorticosi cambiamenti che però vennero incredibilmente sottovalutati e non capiti da quasi tutta la classe politica italiana.

Crollo del muro di Berlino

Nel 1989 con il crollo del muro di Berlino l’intero assetto politico italiano ne risentì, poiché il Partito Comunista italiano (PCI), a differenza di tutti gli altri partiti comunisti nel mondo, era quello che all’interno del sistema presentava una grande rappresentatività (circa il 30%) e fungeva da collante per le opposizioni, in particolare modo la DC sembrò quasi perdere la propria ragione di vivere con la parziale scomparsa del comunismo.

Il contraccolpo della caduta del muro di Berlino fu durissimo e mostrò al mondo tutte le criticità dell’URSS. Limiti che vennero ulteriormente esaltati dagli acerrimi rivali americani che invece, grazie alla presidenza reaganiana, uscirono vincitori dalla guerra fredda. Inevitabilmente tutto questo si ripercosse sull’Italia.

La classe politica “nostrana” si ritrovò a dover sopravvivere in un momento storico che non gli apparteneva più. L’immobilismo politico – che sempre è stato caro ai democristiani e tutti gli alleati di governo che si sono succeduti negli anni – divenne per la prima volta nella storia repubblicana un’arma sfavorevole ai partiti di governo. Non si riuscì a superare il pentapartito e mentre tra i palazzi cominciavano le prime scissioni, la società civile vide nascere dei nuovi movimenti, piccoli partiti e leghe che divennero i portavoce dei nuovi bisogni della società: Lega Nord, Verdi, Comunione e Liberazione sono solo alcuni degli esempi che mostrano come il quadro politico subì un ulteriore scossone a livello interno. Uno scossone che risulterà un presagio di un terremoto dalle ripercussioni irreversibili.

Trattato di Maastricht

Un ulteriore tassello al mosaico italiano venne immesso nel 1991 e nel 1992, dove nel giro di appena un anno “lo stivale” si ritrovò ad uscire fuori dallo SME (Sistema monetario europeo) e a ratificare appena un anno dopo il trattato di Maastricht (1992).

La scossa definitiva, però, la diede la magistratura con l’esplosione dell’inchiesta “mani pulite” che colpì ogni sfera politica.

La crisi politica, economica e sociale produsse il dissolvimento dello “status quo” a cui l’Italia era stata abituata.

Tutto l’arco partitico venne ingurgitato dagli avvisi di garanzia e dal dissolvimento ideologico. L’unico partito a sopravvivere al terremoto politico fu il Movimento Sociale Italiano (MSI) che grazie alla conventio ad excludendum che lo tenne fuori da ogni posizione di governo riuscì, non solo a rimanere illeso, ma anche a trasformarsi e a diventare un attore politico che poteva ambire a una posizione di potere (cosa che accadrà grazie all’ascesa del Cavaliere).

Il “catch all party” democristiano presentava dell’emorragie difficili da ricucire (La Rete di Leoluca Orlando e il partito referendario di Mario Segni s’inseriscono in quest’ottica). Per di più il colpo di grazia venne dato con l’approvazione di una nuova legge elettorale che prevedeva un sistema maggioritario che scardinava definitivamente l’assetto della Prima Repubblica, riducendo gli spazi di manovra e impedendo alleanze dopo l’elezioni.

Il “Mattarellum”

La legge Mattarella – in vigore dal 1993 fino al 2005 – fu un sistema misto che cambiò completamente la dinamica della competizione politica e la dinamica della formazione dei governi nel nostro paese.
Concentrandosi quindi su questo fattore – il cambiamento delle regole – si passò da un sistema proporzionale ad un sistema misto prevalentemente maggioritario.

Il cosiddetto “Mattarellum” consisteva fondamentalmente in due leggi: una alla Camera ed una al Senato. Entrambe le leggi s’ispiravano al principio che 3⁄4 dei seggi venivano assegnati in collegi uninominali con la regola della maggioranza semplice, e 1⁄4 dei seggi venivano assegnati con formula proporzionale su liste di partito.

Silvio Berlusconi

In un terreno bruciato e privo di ostacoli si arrivò ad una nuova fase della politica italiana: la Seconda Repubblica. Fase politica che nasce con la vittoria alle elezioni di Silvio Berlusconi con il suo partito Forza Italia.

Attraverso una campagna mediatica senza precedenti e attraverso la manipolazione del sistema elettorale – sarà l’unico attore politico che capirà l’importanza delle coalizioni elettorali per come l’intendiamo al giorno d’oggi – riuscì con il Polo del buono governo al Sud e il Polo delle libertà al Nord a vincere a sorpresa l’elezioni.

Uomo di successo, affascinante, che con una potenza economica senza precedenti è riuscito, attraverso il tema dell’antipolitica, a distaccarsi dalla vecchia classe politica e a inaugurare una nuova fase per l’Italia. Un uomo che attraverso le sue dichiarazioni è riuscito dove altri politici del passato – come ad esempio lo storico leader missino Giorgio Almirante – hanno fallito, riuscendo a superare la conventio ad excludendum che vegliava sul MSI da tempi immemori (diventato poi Alleanza Nazionale nel Congresso di Fiuggi del 1994 dove venne abbandonata definitivamente la matrice neofascista).

Insomma, Silvio Berlusconi dal 1994 in poi è stato l’uomo politico più influente della Seconda Repubblica. Un uomo capace di farsi odiare e amare in egual modo. Un uomo che, volente o nolente, è già stato consegnato ai libri di storia.

 

L'autore: Alessandro M. Alaimo